domenica 25 luglio 2010

Sbarre.

Carceri del Piranesi


Succede a volte, per caso, nel camminare verso un punto, magari proprio mentre sei lì che trascini i piedi e ti pesano le gambe, lì che ti senti sfrittellato e stracco, un cencino molle abbandonato, una robina smunta, ferma, senza più un vento sul viso, nell'immobilità e vieppiù ti rammollisci nel considerare quella strada che lì ti sembra niente, ti scoraggi, ti deprimi, ti imbarbarisci, dicevo che a volte succede, come per magilla, di imbattersi in quelle che riconosci essere carceri possenti. E di vedere oltre quei paletti e quelle sbarre, il poco spazio concesso a chi se ne sta lì e il colorito grigio di chi se ne sta dentro. E ci sei già passato, ed è passato il tempo e quelle facce sempre lì rimangono, non osano muovere un passo, avrebbero potuto magari alzare gli occhi, arrampicarsi, vedere cosa poteva esserci oltre. Invece se ne stanno ancora lì. Forse perché così gli han detto che deve essere, che l'uomo è il lupo dell'uomo e siamo tutti cattivi, siamo tutti dei brutti stronzi e ci rubiamo i giocattoli. E ti verrebbe di provare a dir qualcosa, ma poi capisci che non sono prigionieri di qualcuno ma di se stessi o forse di un nulla, una nebbia spessa. E allora se ne stanno lì, protetti dalle sbarre, soffocati. Fanno cose, vedono gente. Ma restan sempre lì dietro. E quando qualcuno passa allegro sgonnellando, gli sputano addosso attraverso le sbarre. Realizzato questo puoi fare un passo indietro, allontanarti. Al macero l'assistenza, si arrangino. Poveri bischeri. Sembra sia sempre colpa di quegli altri, a tenere gli occhi chiusi. E tutto questo mica dà gioia, non c'é soddisfazione, e non solo perché quegli sputi te li prendi, te li sei presi. E' proprio lo spettacolo di certe celle che è così deprimente che non ti rallegri neppure di sentirtene fuori. No. Ti cala addosso una pesantezza, come se di tra le sbarre quelle mani ti chiamassero. Però. Però se sei riuscito a fare un passo indietro, anche solo per toglierti da quella vista, la forza magnetica si affievolisce e ti viene come un'energia, un qualche cosa che sale su da qualche parte e che ti fa guardare oltre, verso quel punto dove cercavi di andare. E riprendi il cammino e affretti pure il passo.

2 commenti:

  1. E' tutto così buffo però. Magari un tizio trova una chiave che non serve ad aprire la cella della prigione, non apre bauli, scrigni, casseforti, cassetti di scrivanie intarsiate del Settecento. E non è neanche una chiave metaforica che apre il cuore o la mente. Fa un'ultima prova e scopre che era solo la chiave del gabinetto.

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  2. Hai centrato in pieno la questione, tutto questo pappiè è venuto fuori per aver avuto a che fare con della roba escrementizia.

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