martedì 27 luglio 2010

Visioni.

Il Solista, Joe Wright 2009

Tra le molte cose che ho apprezzato del film c'é che il protagonista viene definito chiaramente schizofrenico, si dà un nome alla sua malattia, non si confonde tutto nella nebbia di un disagio, non si livella tutto con la libertà di essere (o non essere). Si ammette l'esistenza di una malattia quindi di una cura quindi per assurdo anche l'esistenza di una sanità mentale. Come dire che se c'é un vuoto, c'é un pieno. Se c'é un bianco c'é un nero. Se esistono persone malate esistono anche persone sane. E quindi, a grandi linee, decade lo scherzetto per cui tutti saremmo pazzi, dentro. Sì, certo. E perché allora non tutti assassini. E tutti pedofili. E tutte ninfomani. Tutti piromani. Tutti necrofili. Tutti mostri che allo scattare della mattinata sbagliata SBRAM spazzano via la famiglia, scuoiano il gatto, sventrano la suocera, strappano le primule alla nonna. Questo pensiero ne tira un altro, o forse nasce da quello, per cui questa mostruosità viene tenuta a bada dalla razionalità. E' per quello che i mostri stanno sopiti in fondo all'uomo, perché con la razionalità si vince tutto quel marciume che si agita nelle trippe dell'anima. Allora per logica se il razionale è il buono l'irrazionale è il cattivo. Tutto ciò che esula dalla ragione è cattivo ed è male ed è la pazzia. Anche no, grazie. L'irrazionale ti fa innamorare, ti fa scegliere una casa irraggiungibile ma in cui starai da pascià, ti fa indossare un golf arancione in una giornata grigia, ti fa fare le frittelle per cena invece della bistecca. Se poi il pensiero si ammale allora sì, si può parlare di pazzia, ma SE, non sempre e comunque. Questo nocciolo di male dentro ognuno mi fa pensare troppo al peccato originale alla mela e al serpente e a un sacco d'altre puttanate a ruota. Esistono persone sane, esistono persone malate, curabili e non. Il Solista, giusto per sciuparvi la sorpresa, non.

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