venerdì 23 aprile 2010

Brutture.

Orrore letto per caso a Firenze, Via Santa Reparata
Passeggiando dopo aver lasciato il pomodoro dal meccanico guardavo i fogliacci attaccati sui muri. Pensavo a delle donne meravigliose e lontane, a quando le ho aspettate ai piedi del ponte con la torta nella scatola e anche ad una ballerina che ho immaginato camminare in questa stessa via sbirciando le bici accatastate. E leggevo le poesie messe in fila e non mi sembravano poi granché fin quando non ho incocciato questa roba e allora mi sono fermata, sbigottita. Che a lui gli sarà sembrato pure di scrivere una bella poesia. L'ho trovata così oscena da doverla fotografare. Avrà un'idea, il poeta, di che violenza, di che bruttura ha scritto? Di come la rabbia esca fuori da quei segnetti e sporchi il muro. Le storie d'amore svaniscono, passano. I rapporti si trasformano, a volte resta un filo a volte no. Eppure quello che è stato c'é. E' ricordo. E' scorta di immagini che fanno viva la speranza, è come avere un sacco di cubetti con cui potremo costruire ancora. L'annullamento del "Tu non esistevi, facevo tutto io" è delirio d'onnipotenza, nazismo, ghiaccio che taglia la pelle e svuota il sacco di caldi ricordi lasciandolo floscio, inutile. Come esser qualcosa se non si è con l'altro? Non che sia solo strumento. Ma la presenza è necessaria, l'interazione. Altrimenti si potesse far da soli pari sarebbero delle sagome di cartone a fare grande la nostra interpretazione. Penso alla facilità con cui in tre stupide righe si cancella tutto, lo si nega e ci si amputa, ciechi. Sparito tutto. L'altro, il percorso, di conseguenza anche un pezzo di noi. E metterlo su carta, appiccicarlo al muro. Un urlo. No. Tutto si conserva. E una vocina titubante Sì, ok, ma non se ne può neanche fare un altarino intoccabile. Intanto fai una foto a questo orrore, poi riprendi il passo e dai filo ai pensieri. Il passato è lì, sta e nessuno ce lo tocca. E se è stato forse è perché ci piaceva, qualcosa ci trovavamo. Il presente è trasformazione in atto, volendo, si può agire. Accettare, rifiutare. La scelta. Sì, No. Arieccola la parolina magica, il faticoso No. Sempre ai rifiuti sto a pensare. Li cerco proprio, ultimamente. Direi quasi che li esigo. Perché delineano. Fortificano. Danno una forma. Senza il no resta solo roba molle, indefinita, amorfa. Eccolo il filo che si tende e tira su il pesciolino. Prima del Tuttosì ci vuole un No, quella è la base. Grazie pesciolino, riprendi il largo, hai detto abbastanza. Come per il rapporto serve la base della separazione. E giù una cascata di glicine che scende sull'angolo di una costruzione in eterno restauro. Sembrano contraddizioni, non l'avrei mai pensate, come lo zucchero nella pomarola o nei piselli, che io non ho mai messo. Eppure poi ho scoperto che ci sta anche bene. Pensa un po' te cosa si trova, a volte. Si trova da soli o si trova in due? Io penso in due. In due. Definiti. Imperfetti, ma delineati. Esistenti. Presenti. Mamma mia che orrore quella poesia. Le poesie che leggevo in te ero io che le scrivevo ma erano in te, se tu non fossi esistito non le avrei trovate, dentro di me. Te eri te e io ero io. Per un po' insieme. Già meglio, anche se no. Evidentemente no, non sono una poetessa, io.