venerdì 30 dicembre 2011

Bugiardini e web.

Scrivere il curriculum

Cos’è necessario?
E’ necessario scrivere una domanda,
e alla domanda allegare il curriculum.
A prescindere da quanto si è vissuto
il curriculum dovrebbe essere breve.
E’ d’obbligo concisione e selezione dei fatti.
Cambiare paesaggi in indirizzi
e ricordi incerti in date fisse.
Di tutti gli amori basta quello coniugale,
e dei bambini solo quelli nati.
Conta di più chi ti conosce di chi conosci tu.
I viaggi solo se all’estero.
L’appartenenza a un che, ma senza perché.
Onorificenze senza motivazione.

Scrivi come se non parlassi mai con te stesso
e ti evitassi.
Sorvola su cani, gatti e uccelli,
cianfrusaglie del passato, amici e sogni.
Meglio il prezzo che il valore
e il titolo che il contenuto.
Meglio il numero di scarpa, che non dove va
colui per cui ti scambiano.
Aggiungi una foto con l’orecchio scoperto.
E’ la sua forma che conta, non ciò che sente.
Cosa si sente?
Il fragore delle macchine che tritano la carta.

Wislawa Szymborska (Premio Nobel per la Letteratura 1996)

Io c'ho una spacciatrice formidabile di blog. Ieri sera me ne passa uno nuovo. Mi è piaciuto. Poi stamattina la pusher diffondeva questa cosa qui. Ho pensato alla poesia sopra e al suo ribaltamento. Metter la vita in un curriculum, cercare la vita in un foglietto di istruzioni. Fa cose strane, il popolo del web. Io guardo e poi torno nel mio, di mondo. Ho pensato ai quadri di Eri che andava in Santo Spirito, o in piazza del Carmine, allo zoo diceva lei, per studiare le donne. Ma che sciocchezza, ghignavo io, una donna meglio se sta a guardare gli uomini, che per guardare le donne basta guardarsi per sè! Le donne, che difficoltà, non si conoscono, si legge in giro. Ma come, non vi bastava quella bibbietta orrenda che circolava fino a un po' di tempo su marte e venere e le coliche che vengono a legger certe robe? Occorre conoscerle per capire le donne, pare. Che stupidaggine mi dico io, nemmeno gli uomini, si conoscono o si capiscono, e a che servirebbe? Eppure l'accento casca sempre sulle donne. E' una questione di livelli, va detto. Si sta parlando di identità maschile e femminile o di persone singole? Mi avviluppo un pochino nella questione, mi attorciglio come una vecchia anguilla, mi sembra così tanto che non mi tuffo che ho un po' paura di annodarmi. Ma ci vuole un bello splash ogni tanto, andare sotto, perché sta giù, è un po' più sotto, il problema, un po' più dentro. Andando indietro, lo si intuisce. Mentre l'uomo un'identità più o meno ce l'ha, la donna fa una gran fatica. Colpa di tutto quello che le è stato fatto, la religione, la tradizione, la cultura. E' un'acqua fredda, questo argomento. L'identità femminile non ha mai potuto essere, ecco. Eh, sguillo io scivolosa, Ma se la donna non ha potuto essere allora va detto che l'uomo che non l'ha fatta essere ha una gran bella identità del cavolo! Bisognerebbe forse che la perdesse prima di tutto lui l'identità che ha! e per la bella sparata l'anguilla si adagia mollemente a pancia all'aria, soddisfatta fa il morto e prende il sole aspettando sul filo dell'acqua. Ma cosa ne sa un'anguilla di cavoli, che sulla terra non c'è mai stata. Ne sa, non sa come lo sa, ma se ne intende, a quanto pare. C'ha anche i deliri d'onnipotenza, l'anguilla, ma mica tutti i torti. Che questo dell'identità femminile è un problemone. A livello generale non si è poi messi così bene. Prevalgono gli stereotipi, ci trasciniamo gli strascichi, si organizzano comitati, si divulgano teorie e si girano documentari. Si fanno cose che poi ne fatti, tristemente, evidentemente non bastano. L'anguilla galleggia, ad occhi chiusi, ascolta. Cerca. Pensa. Le donne lottano per la loro identità e poi vengono massacrate dal compagno. Roba che appena la pensi non si riesce più a star molli a galleggiare al sole, viene il bisogno di nuotare, nuotare, andare e allontanarsi, avere spazio intorno e fare qualche capriola, sentirsi vivi e presenti e sentire l'acqua intorno muoversi. Si va in piazza e l'assassino ce lo portiamo a letto. E' una cosa che se ci pensi non ce la fai a fermarti, nuoti e scappi, fino a stancarti tanto. In che cosa sta l'identità femminile se non nel suo rapporto con quella maschile? Allora il livello "alto" si genera dal "basso". Da questo, nasce il conoscersi, dal rapporto. Dal sapersi separare, dall'essere in rapporto con ma non per il rapporto con. E allora, di cosa si parla, è possibile conoscersi alla fin fine? Come si fa a dire che una la conosci se un giorno è una donna, un altro un bradipo, certe volte è un'anguilla e poi ti vola via in penne da rapace? Magari no, allora, non ci si può conoscere e sta proprio in questo il casino, che ogni rapporto dovrebbe trasformare, restare aperto e generare realizzazioni a raffica e l'incapacità di esser tanto creativi e fantasiosi porta a bloccarsi e richiedere un bugiardino. E penso a Saramago, ai suoi meravigliosi personaggi femminili. Che donne, quell'uomo! La moglie del medico! La violoncellista! La dolcissima Blimunda. La figlia del vasaio. E la vedova con la sua brocca rotta sul petto? La ragazza con gli occhiali scuri. Come avrà fatto a raccontarle così semplicemente, così belle, così come sono? Avrà richiesto bugiardini a tutte le ragazze che incontrava e poi ne ha fatto un sunto? O avrà fatto carezze, dato baci, guardato gli occhi cambiare e ascoltato i toni modularsi durante una chiacchierata? Avrà parlato delle donne che desiderava, avrà messo in parole la sua immagine interiore! Piuttosto, tu, anguilla, parla per te, se c'hai coraggio. Eh. Come parlerei, io, degli uomini? La conosco, io, l'altra metà del mondo? Che cazzata, no, ovviamente, che significa far questi mazzi? Gli uomini son lì, tutti diversi, li conosco quando li conosco via via che li conosco. Che già un'anguilla non c'ha un gran vocabolario, se poi ci si mette a disquisire di cose difficile, va preso quel che viene. Fare un curriculum, un libretto d'istruzioni o un bugiardino mi sembra un po' la negazione della trasformazione, una cristallizzazione sterile. La fotografia allegata ha una sola dimensione, rimane piatta. E le persone piatte non sono. Sì, c'è qualche piastrella, è vero, ma anche le piastrelle hanno tre dimensioni! Questo catalogare serve soltanto nel caso uno voglia scrivere di tecniche bonsaistiche. O di pesca all'anguilla! Raccontare quello che gli uomini mi hanno detto o fatto è già letteratura o più semplicemente farmi megafono per mancanza di idee? Lo spiattellamento documentaristico alla Moretti mi sembra tanto povero. Mi manca sempre qualcosa, poi. Che anguilla inquieta, continuo a nuotare e a ogni colpo di coda mi vien fuori una domanda. E' un'acqua scomoda, questa! Io parlo mai di uomini? O forse non ne ho bisogno perché la mia "visione" del mondo maschile traspare da quello che scrivo anche senza parlare direttamente di loro? Ho un'immagine interiore maschile che mi ha portato verso alcuni uomini, ma se me li avessero solo raccontati, non avrei conosciuto niente di loro, e di me.  Io sono il mondo maschile che frequento? A furia di nuotare finisce che mi allontano troppo, sarebbe il caso di tornare un poco verso riva. Forse sto meglio in una pozza. Deve essere un mio limite personale il non accontentarmi delle parole in fila. Eppure leggo tanti blog. La ballerina di tango che non scrive più, ad esempio. Erano solo parole in fila, forse. Eppure da lì usciva una donna vera. A parole, certo. Ma erano sue e c'è l'invisibile in quelle parole, è un filino che spunta e puoi acchiappare e se lo tiri... la ballerina te la trovi un pelo più vicina. Ed è rapporto, allora per me ha senso, diventa conoscenza e possibile trasformazione. Se quel filino non spunta allora posso leggere un libro. Conoscersi è essere presenti interamente, voce, profumi e occhi. Reazioni, cambiamenti, trasformazioni. Lo zoo di Eri, voyeurismo. Il raccontarsi da dietro a un monitor e far delle proprie "debolezze" un'identità, oltretutto nascosti dall'anonimato lo sento solo come esercizio di stile e narcisismo. Resta una vetrinetta e la sensazione di quel freddo schermo che non fa unire le mani, non svela gli occhi. Vetrine ad Amsterdam. Le capriole dell'anguilla si fermano, che inizia a girare la testa. Aspé che mi alzo, quest'acqua bassa e limacciosa mi sta venendo a noia. I piedi nudi, sulla riva fredda, l'erba bagnata. Da dove vengo, io? Da dove nasceva tutto questo? Ah già, il curriculum. Fa cose strane, il popolo del web. E Wislawa, ascolta: nel web tutto tace, che con il virtuale non restano neanche le briciole di carta tra le dita. Dei piedi. I miei, che uscire dall'acqua e non essere più anguilla è un attimo. Me lo hanno insegnato gli uomini. 

4 commenti:

  1. C'è un'anguilla
    che scintilla
    rotolando in mezzo a quell'argilla.
    L'è più bella
    di una stella
    quando sguscia e quando sguilla arzilla.

    ...La mi garba
    quell'anguilla,
    la mi guarda e tutta s'attorciglia!

    (anonimo del sec. XV)

    :-)

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  2. L'anguilla di Eugenio Montalae,
    in Bufera e Altro.

    (Lui, secodno, legge male, ma proprio male.
    Doveva leggerla una donna probabilmente
    o qualcun altro...)

    http://www.youtube.com/watch?v=O-hi4fD5kuA

    olgaolgae

    (l'ho postata stamattina alle cinque, ma misa che...... non ho pigiato "Pubblica")

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