martedì 14 giugno 2011
Diversità e divergenze.
Nonostante la piccola pausa "Chiuso per vittoria" ho continuato a pensare alle distanze e alle diversità e al perché su alcune cose si può giocare a crescere attraverso un confronto e su altre bisogna solo chiudere la porta o peggio mettersi le gambe in spalla e correre. La prima immagine che mi viene in mente sono le strade. A volte strade diverse portano nello stesso punto e ci si incontra. Ma a volte le strade allontanano allontanano allontanano e non solo si va in luoghi opposti ma non ci si incontra proprio! C'é da dire che anche prendendo due strade che vanno nella direzione opposta la probabilità di camminare molto e un giorno intopparsi per caso c'é, perché la terra è rotonda e per quanto grande è comunque limitata. Nella realtà umana secondo me non succede, così a naso mi vien subito da dire di no, forse perché le strade son tracciate mentre per la realtà umana (sana) non c'é alcuna regola e si ha di fronte un infinito. Quindi cerco di spiegare cosa sono le distanze e dove io chiudo il bandone. Un conto sono le divergenze del tipo "A me piacciono i peperoni, a me le zucchine" "Io voglio passare l'estate nuotando io scalando ghiacciai" e cose così. Da queste che poi son più diversità si trovano terreni comuni, si iniziano scoperte e soprattutto separazioni e ci si abbellisce a vicenda. Se nessuno dei due si tarpa per andare incontro all'altro ne escon fuori due identità definite e realizzate e felici. Un'altra cosa sono le divergenze vere, su questioni di fondo. E anche lì va saputo vedere dove finisce la tolleranza e dove inizia l'indifferenza. Ad esempio. Io trovo che un credente e un ateo siano divergenti. Uno mette il centro dentro l'uomo, l'altro lo sposta al di fuori. Due concezioni che non si incontrano né si avvicinano. Hai voglia a spostare il centro dell'uomo ateo sottopelle o quello del credente appena sopra alla capoccia, c'é sempre e comunque una gran differenza tra un qualche cosa dentro e un qualche cosa fuori. Per dire, la pelle separa!! Ma ok, poniamo che i due innamorati vadano avanti, coi loro mondi interiori divergenti, e io ne ho visti alcuni. Si moltiplicano, a volte, quando ci arrivano. Ecco. Lì c'é un po' di riprova, secondo me, di cosa c'é dentro a quel rapporto. Quando la questione si pone: che gli passiamo, ai figli? Una credenza o nessuna? Ho visto persone tolleranti che han lasciato spazio al tempo e al "deciderà da solo" e ho visto credenti prevaricare il compagno ateo imponendo i sacramenti. Il secondo caso per me implica un'indifferenza, o peggio un annullamento della realtà umana del tuo compagno, che evidentemente non ritieni "all'altezza" di avere voce in capitolo. E infatti in alcuni casi non ce l'ha, dato che accetta, quindi si cancella pure un po' da solo. Le due identità non sono più entrambe rispettate, una prevarica l'altra. E senza contare che diversi e divergenti saranno poi tutti i punti di vista legati a questioni veramente di vita o di morte. Io sono atea e quantificherei quanto lo sono con un "abbestia". Questo mi preclude i rapporti uomo-donna con credenti, visto che a mio sentire un credente di qualsiasi religione non ha mai un vero rapporto con l'altro. Non ce l'ha manco con se stesso, visto che deve render sempre conto a qualcuno al di fuori. Trovo impossibile poterci fare una coppia. Ho provato con l'amicizia, ho ripiegato sul lasciare che siano conoscenze. Perché se hai idee ben definite su certe cose la roba non dura e non si evolve. E così per questa mia visione rigida le mie conoscenze nel famoso giochino delle figurine sulla tavoletta restano in piedi per ben poco tempo, che prima o poi parlando di nascita, di vita, di morte, di scienza, certi rapporti si autodistruggono. Stessa cosa con gli ideologici. L'ideologia è un'assenza, una dottrina. Ortodosso o meno, stai fuori di te, segui la linea. E allora anche gli ideologici sulla mia tavoletta durano poco, che a un certo punto capisci il meccanismo e inizi a vedere il quadro con le figurine in posa. L'ideologico si limita a spostarsi dietro la tela e metter la faccia nei buchi, prendere le posizioni stabilite, come se ciò che sente non contasse nulla. Eppure non credo di essere intollerante e di aver pure una certa curiosità per tutto questo diverso da me. Una delle mie passioni sono le processioni religiose, anni fa sono volata apposta a Catania per incontrare un amico e vedere la festa di Sant'Agata. Una soddisfazione immensa, un'indigestione di credenze, misteri, passioni e tradizione popolare e religiosa. Non mi appartiene, ma è uno spettacolo antropologico affascinante. Questo per me è possibilità di incontro. Certo, quando dopo qualche tempo il mio amico ha cominciato a dirmi e ripetermi che non potevo non credere e mi sarebbe arrivato un segno e avrei trovato la fede e che trovare lavoro era stato merito di Sant'Agata io i contatti li ho diradati. Perché se mi vuoi catechizzare allora passi sopra alla mia identità, proprio non la reggi e la cancelli, tenti di annientarmela, e io non ci sto. Da questi tentativi biechi non si trae una crescita, si può solo inventarsi una fuga. Conosco persone molto più rigide di me, che anche solo perché un libro tratta di Gesù non lo aprono neanche, neppure se a scriverlo è un grande nobel per la letteratura, cosa che a me fa pensare che per lo meno un briciolo di qualche cosa di interessante in quelle pagine ci deve essere annidato, cristo o non cristo. Io ho posizioni nette, ma credo di saper anche lasciare sempre una porta socchiusa ai primi tentativi. Ma quando sulla soglia si presenta la violenza di chi cerca di annullarti solo perché non sa fare altro che quello e gli fa fatica provare a far qualcosa di diverso, addio belloni, la porta si chiude. Ognuno è appunto libero di essere come vuole essere, bello o brutto. E non so neanche quanto io possa esser capace di trasformare gli altri. Per niente probabilmente, direi. Per adesso credo sia mai successo. Ma non ci bado, che sono ancora qui a tentare di trasformare me stessa. E quando mi scordo che tutto è realizzazione dell'identità finisco per impantanarmi, non so più come e se e quando separarmi. Credo sian quelle le negazioni del commento al post precedente. Questo essermi persa in un blob, il non vedermi più, non esprimermi più per il non voler ripeter sempre le stesse cose come un disco rotto. Poi capita che uno riapre bocca, si riappropria di qualcosa, la vitalità riappare. E addirittura a ruota succede che agisce come sempre ha agito restando sempre scornato (ma non deluso o avrebbe desistito) e dopo anni e anni di speranze vede cambiare qualcosa tutt'attorno. Che leggerezza, che bella sensazione questa realizzazione nazionale.
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mi sono fermata a metà perché ho la vista deficiente e più di tanto non riesco a leggere senza un a capo.
RispondiEliminache vuoi che ti dica? io non riesco più a vivere così. mi pare che parlare con chi è radicalmente diverso non significa farsi infettare da un pensiero che non condivido.
Le due persone che vedo di più a Londra sono una malese cinese di fede cristiana (anglicana) e una buddista omosessuale. Io italiana, atea e vagamente comunista. E sono le mie anime gemelle. Non ho paura di leggere la bibbia o i sermoni di Rowan Williams, un uomo intelligente con uno sguardo lucido, indignato e innamorato sul mondo.
E se dovessi avere una conversazione con un fascista? O con un omofobo? o con un razzista? Voglio comunque imparare perché lo sono.
Professionalmente se mi gongolo solo nei valori e nelle scuole di pensiero in cui credo senza spingermi a capire quello in cui non credo come posso essere forte per difendere il mio lavoro e il suo valore?
Levinas parla di incontrare l'altro. Che la conoscenza è sempre una riduzione dell'altro a quello che già conosciamo. Io non ho paura di chi vuole annullarti. Come potrebbe se non lo permetto?
Non voglio avere paura.
Una lunga ma interssante tirata che tocca talmente tanti punti su cui però e difficile non trovarsi in sintonia; ma voglio anche quotare una parte del bel commento:
RispondiElimina"E se dovessi avere una conversazione con un fascista? O con un omofobo? o con un razzista? Voglio comunque imparare perché lo sono."
Bellissima curiosità, che condivido; la curiosià unita alla voglia di sapere è qualcosa che distingue il genere umano dagli altri animali..
eziodellagondola
Anche una delle mie migliori amiche è molto credente. Non per questo tenta di fare proselitismo o intavolare disquisizioni teologiche. E quando analizza le cose della vita ha sempre la sua umanità a farle da timone.
RispondiEliminaIl fatto di amare gli altri, capirli ed esser curiosi del mondo non implica un dover sopportare alcuni comportamenti. Non sono le idee diverse che infettano, nemmeno se sono pessime idee. A far ammalare è piuttosto il non opporre un argine a comportamenti tesi a toglierti qualcosa. Se di fronte a quelle sottili sforbiciate che sono gli annullamenti non ti armi di uno scudo non sei più vittima, sei complice.
Beh,prima di tutto, razionalmente (paradosso, lo so) c'è una eneorme differenza tra la credenza popolare -spesso tollerata quando nn incentivata dalla Chiesa- e il Cristianesimo Cattolico propriamente detto ( e c'è anche differenza tra il Cristianesimo ed il Cattolicesimo, se è per questo) SE la chiesa cattolica fosse cosa seria non tollererebbe che Santa Agata faccia il miracolo perchè di fatto il vero cristiano dovrebbe sapere che i santi NON fanno miracoli al limite sono un tramite verso la divinità efettiva agente del miracolo. Sempre che si interessi di far miracoli in materia lavorativa, ovviamente. A differenza del prete che sentirebbe la chiamata al divino, il santo è u tantino di più: è quasi un prediletto, uno scelto ma mai autore egli/ella stessi di miracoli. Una cosa insopportabile di certi credenti è che rasentano il pagano con 'sti santi (e pure con la Madonna) al punto che questi sarebbero anche più importanti del Cristo o di Dio.
RispondiEliminaE questo ovviamente al di là che detto santo/a siano mai esistiti!!! Cosa per me fondamentale!!
non credo tu abbia risposto a me ma a te stessa. E se stessimo dicendo la stessa cosa?
RispondiEliminaMi fai pensare che il vero problema è il pensiero, il pensiero legato al proprio corpo ed ai suoi affetti. Un religioso ha il corpo ed ha gli affetti e sa anche pensare razionalmente alle cose pratiche da fare. Ma quando tenta di pensare al pensiero non sa spiegarselo e dice che viene da fuori, ossia non riesce a comprendere che credere che il pesiero sia mandato da un dio è solo un'alienazione del suo stesso pensiero, ossia una sorta di corto circuito generata dalla capacità di immaginare. Occorre scoprire l'origine biologica del pensiero e della capacità di immaginare per poter essere atei e felici, e scoprire poi che è l'onnipotenza della fantasia di sparizione a creare dio.
RispondiEliminaMa siccome si fa confusione sul pensiero e sulla sua origine, ecco che ogni pensiero al riguardo viene considerato solo una libertà di opinione, come a dire che non possiamo capirci mai un cazzo con certezza...e quindi tutte le opinioni sono lecite, dio compreso. Sì, una sega!
Madonna bona, o icchè ho scritto?
@ecu: sì, a volte succede che dalla risposta altrui hai spunti e continui a seguire il filo e non è per forza un'opposizione quello che ne viene fuori, ho avuto l'impressione di aver parlato di una cosa per volerne dire un'altra.
RispondiElimina@eziodellagondola: benapprodato :)
@Paper: per me possono essere anche esistiti, certamente lo saranno, dati gli archivi storici, ma santi o non santi io nei miracoli non ci credo :D
@Ruhevoll: t'hai scritto della gran roba, t'hai scritto :D