mercoledì 5 gennaio 2011

Qwerty.

Muoversi, fare, opporsi a un umore maligno, scacciare la tristezza con un attività fisica, con la realizzazione di qualcosa che si compie e puoi toccare con mano. Faccio, stancamente, ma so che non basta portare a compimento. Serve se hai lasciato in sospeso, hai procrastinato. Allora allevia, certo, ma solo perché ti liberi del senso opprimente di quelle spade di damocle burocratiche e mangiatempo che hai lasciato lì a candire. Comunque faccio, così evito accumuli ulteriori. E non è uno svicolare, è una sorta di primo intervento. Tamponare la falla. Distrarsi nel fare. Però non sfuggi. Quel che è lì, doloroso, rimane lì. Ed é tristezza, la mia, non depressione. La depressione è il niente indistinto che inghiotte Fantasia nella storia infinita, è un vuoto, un abisso, un buco nero. La tristezza non ha a che vedere con un vuoto. Ha una causa e dentro si ha un nocciolo che questa causa magari non la sa spiegare, è roba irrazionale, però qualcosa c'é, uno straccio di identità, una nascita, qualcosa che può opporre resistenza al niente. E allora svanisce la depressione quando sai che esiste un qualcosa che c'é in tutto quel non essere. E sei tu stesso ad esserci. Però ugualmente hai da fare i conti con qualcosa e cerchi nuovi nomi, nuove cose, perché i vecchi non vanno bene più, tutto è cambiato. E pensi che è tristezza, o una ferita. Se invece di fare il vuoto trovi cosa può essere a dolere così, ci devi fare i conti per forza. Puoi fare un vortice e distrarre i pensieri, vedere ggente, fare cose, vedere posti: appena ti ritrovi solo, il fare finito, ritorna tutto. Perché il movimento fisico, l'impegno, distraggono. Rimandano. Ma quello che c'era, resta. E' passato il tempo, si ha avuto altro a cui pensare. Si è allontanato il problema e interrotto il pensiero che era entrato in loop. Utilissimo, ovviamente. Ma. Non c'é stata una trasformazione interiore durante il fare. C'é stato solo movimento. Non è finita lì, quindi. E insomma, comunque faccio. Mi prendo il tempo, mi prendo il silenzio, mi prendo gli spazi. Poi so che arriva il momento che devo star ferma. Sola. Davanti a qualcosa che possa esser riempito di parole. Segnetti, una linea fluida o spezzettata, un foglio di carta o un monitor, qualsiasi cosa sia purché ad un tratto si fermi il resto e si muova soltanto la mano a tracciare segni. Prendono forma le parole, allora, e io le vedo. E leggo cosa c'é. Come se fosse stata la mano, fosse stato il braccio a trovar la soluzione, a dirmi cosa c'é. Eppure é il cervello a dire al braccio, allora quello che io devo leggere in parole c'era comunque prima, indefinito, nel mio pensiero, nel mio stare, nel mio essere. Ma mi è necessario tradurlo in parole per poterlo intendere e possederlo intero. Intanto me lo suggerisce il sogno e sto in un ascensore del quale vedo scatafasciarsi il fondo. E precipito, in piedi, senza paura, sennza scompormi, ma sapendo di precipitare. E quindi faccio. Posta, acqua, fax, cartacce, codici fiscali, mi invento falsi desideri, pigre necessità. Che altro posso farci? Ho una ferita, a volte sanguina anche se non so da dove o perché. Ma sono viva, son sana e forte. Ho un'irrazionale ganzo che per quanto riesca sempre a farmi patire tanto non mi ha ancora mai lasciato andare fino al fondo. Precipiti, sapendo di precipitare, mi dice. Magari un giorno mi siederò e scriverò qualcosa e capirò che ho ricomposto tutto, irrazionale e razionale e sarò arrivata al piano terra, sulle mie gambe sane. Aprirò la porta dell'ascensore, uscirò e sarò fuori. Per adesso vo, nel freddo, le labbra screpolate. Le mani rosse, le labbra blu. Qualcosa che ha a che fare con il ritorno dei desideri.

3 commenti:

  1. Grazie di tutto...non sapevamo dove ringraziarti...lo facciamo qui!

    LAU & CRI

    RispondiElimina
  2. a me aiuta molto risolvere i problemi uno alla volta, a cominciare dal più urgente, e senza pensare a tutti quelli che dovrò risolvere da qui alla fine dell'anno: a ciascun giorno basta la sua pena!

    Le "spade di Damocle burocratiche", come le chiami tu, si ridimensionano molto se le affrontiamo una alla volta e a tempo debito e l'eperienza insegna che spesso molti problemi si risolvono da soli con il tempo...

    RispondiElimina
  3. @lau & cri: alla prossima! ;)
    @luigi: io sempre fui maestra nell'arte del paiuolo, dove rimestare tutto insieme senza distinzioni e traendone indistinte materie ribollenti che sovente ho poi da rispartire con pazienza.

    RispondiElimina