sabato 6 novembre 2010

Happy birthday.

Al piano di sopra danno una festa, a giudicare dalla torta che hanno portato oggi probabilmente un compleanno. Poco male, non sarà certo il loro casino a non farmi dormire. I pensieri vanno, a quanto pare è davvero tempo di transizione, che tutto transita e passa e non si ferma mai niente. Me ne sto qui a guardare il soffitto e a pensare, inutilmente, senza un filino. Ci sono argomenti che tagliano come forbici e zac! ti resta in mano un capo monco. Da giorni penso a una storia, che molto si è mosso negli ultimi tempi, come zolle in assestamento si vanno sistemando i mattoncini storti. Non è un giocare a tetris, fare i rapporti. Non esistono comandi che ruotano le forme a piacimento, non tutto si incastra e non si vince la partita. In tutto questo trasformare e cercare è salita a galla una storia, è riaffiorato il viaggio e un seguito ha preso forma nella testa, trovando immagini, trovando parole ed era un tutto nuovo, un tutto diverso. Avrei voluto scrivere una bella storia, con le parole pulite di quando butti fuori una cosa vera, limpida, che sai già tutta e metterla qui, un po' trofeo un po' dono. E ho guardato la storia come guardare un film. I due ragazzi con gli zaini e le macchine fotografiche che si baciano davanti all'ingresso di un enorme polo fieristico dandosi appuntamento per la sera. Una fiera mondiale, zeppa di espositori da tutte le parti più remote del globo, artisti, artigiani, cuochi, una roba dove si celebrano le culture, un evento unico su una superficie enorme. Per questo i due ragazzi hanno deciso di spartirsi i settori e raccontarsi a sera le meraviglie incontrate. E hanno passato il loro tempo ognuno perdendosi in diversi mondi, accumulando impressioni e scattando foto, bevendo la bellezza e lo stupore. A sera, una volta rientrati in albergo, di nuovo insieme, han preso a raccontare all'altro i colori, gli odori e i suoni e tutto quello che dentro ha mosso loro qualcosa. Si sono scambiati piccoli doni, mostrato gli acquisti, hanno acceso i portatili e cominciato a scaricare le foto della giornata densa. Poi quasi simultaneamente han deciso che era il momento di scambiarsi i regali più importanti, quelli che più li hanno emozionati: dallo zaino la ragazza ha tratto una scultura. E ha raccontato di una donna bellissima, dagli occhi felici, che con le sgorbie intagliava volti, scolpiva figure, attorniata dalle sue creazioni che erano palpitanti, vive, possenti, vibranti di un'energia senza compressioni. I volti non erano identici all'uomo che le stava vicino, ma in tutti i volti c'era un qualcosa di lui. Scorrendo le centinaia di foto sullo schermo la ragazza ha continuato a raccontare, emozionata, cercando quelle della bella scultrice. Quando le ha trovate il ragazzo le ha osservate pensieroso, poi ha preso il proprio zaino e ne ha tirato fuori un abito di stoffa leggerissima, l'ha porto alla ragazza sorridendo "Io invece ti ho preso questo, da un tessitore bravissimo". Lei ha guardato l'abito e se lo è appoggiato al corpo, poi ha guardato la foto della donna intenta ad intagliare. L'abito che indossa ha gli stessi colori e la stessa foggia, ma soprattutto la stessa leggerezza. Il ragazzo intanto ha collegato la propria fotocamera, ha trovato le foto dello stand del tessitore, le mostra alla ragazza che le confronta con le proprie. Intorno all'uomo intento a tessere tante stoffe lievi e molti arazzi, volti di donne sempre diversi ma in tutti qualcosa che ricorda la donna che gli siede vicino ma anche qualcosa della bella scultrice. E analizzando i volti scolpiti nel legno, in tutti qualcosa che assomiglia a quell'uomo al telaio. Il ragazzo e la ragazza si guardano, ebbri di una simile incomprensibile coincidenza. Si chiedono quale storia possa esserci dietro, se i due si conoscano o si siano conosciuti, se sia il caso di metterli in contatto, di raccontar loro cosa è sembrato ai loro occhi. Poi han deciso di andare a cena, si sono preparati, la ragazza ha indossato il vestito nuovo e hanno raggiunto un buon ristorante per una indimenticabile serata. Ma una volta rientrati la scultura, le foto sui portatili accesi, han di nuovo spostato la loro attenzione sulla storia di quei due personaggi slegati ma all'apparenza uniti. Ne hanno parlato, di nuovo facendo ipotesi, progetti, rendendo il tutto una sorta di favola, immaginando un seguito o un colpo di scena. Poi han fatto silenzio. E la ragazza allora ha pensatoai rapporti e ha raccontato una storia che le èvenuta lì per lì, un'immagine. Una storia di labirinti e fili. Una storia dove c'é un mostro da sconfiggere e una donna regge il filo della salvezza. L'uomo si avventura verso ciò che deve fare, la donna tiene il filo e aspetta fuori dalle mura. E questo è ciò che sempre si racconta. Ma a pensarci bene, a quell'uomo dentro al labirinto che va a cercare il mostro, chi ce lo dice che dopo lo spavento, la battaglia e tutto il sangue lui abbia voglia ancora di tornare a quella donna che regge il filo e non abbia forse nel momento del pericolo pensato a un'altra donna, sbucata fuori dal nulla, forse ancora mai vista. E quella donna fuori, durante la lunga attesa, non avrà magari visto passare un bel giovane desiderandone la compagnia? E allora chi lo sa come finisce quella storia, i due hanno sì tenuto stretti i due capi del filo ma una volta di nuovo insieme si son trovati cambiati, altri progetti, altre cose da fare. Condizioni diverse, seppur lo stesso filo tra le dita. Di questo racconta la ragazza al ragazzo, distesi sul letto a guardare il soffitto. Però non so con quali parole lo racconti, perché la storia non l'ho scritta, troppo impegnata a vivere i rapporti nella realtà quotidiana, a restar chiusa fuori casa con le melanzane e i broccoli, a fare una cornice per un uomo che deve radersi a memoria, ad ascoltare un'amica che ogni giorno ha più peso da portare e a scrivere email su rapporti e doveri e libertà, fantasticare su una meravigliosa vacanza verso il tacco e scontrarmi con i volgari problemi quotidiani dati dal cercar di campare senza chieder niente a nessuno. E allora le parole son rimaste indietro, perché non ho bisogno di scrivere storie, le sto vivendo giorno giorno, con tutte le difficoltà di trovar posto a tutto e un nome a ciò che di nuovo si presenta e una collocazione, tener tutto pulito. O forse non l'ho scritta perché mi faceva strano che tutto fosse cambiato, che da protagonisti il tessitore e l'intagliatrice passassero ad un secondo piano, fossero solo una bella cosa da guardare, un tesoro incomprensibile a chi lo osserva da fuori. Ma forse sarebbe stato meglio scriverlo questo seguito, perché i punti di vista cambiano, le storie si trasformano, si reggono i fili ma si fanno altre cose e adesso forse i protagonisti son quei ragazzi con gli zaini, che viaggiano e fanno foto, è un'altra storia quella da raccontare.

3 commenti:

  1. Poi uno si chiede anche se il colpo ci sia stato, magari, e chi sia stato ad assestarlo.

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  2. ..di certo è uno di quei compleanni che ti ricordi per tutta la vita.

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  3. @Giovanni: a volte i colpi arrivano da fuori, a volte da dentro :)
    @Cla: o (considerando che mi hanno scalpicciato sul cervello fino a notte tarda) che vuoi dimenticarti al più presto? :)

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