lunedì 31 maggio 2010



Con tutto il movimento in corso spesso i pensieri scivolano, si dissipano, vanno persi tra la logistica, il filo è lì, teso comunque e pare che tiri fuori dal labirinto per inerzia. Agisco, faccio, brigo. Guardo, contemplo ancora, molto spesso a fine giornata svengo, quando mi fermo riposo e la testa lascia andare. Mi soffermo, ma non abbastanza da acchiappare qualcosa, perché subito c'é da fare altro. Che fine ha fatto la ricerca, mi chiedo. Mica me la sarò persa. Ma forse questo è il tempo della prassi, come se qualche volta prevalesse la teoria e talaltra la pratica. Mah, io un po' a volte son pensierosa, anche solo per il fatto di finire a scrivere "talaltra". Mah. Leggo in giro di film che mi incuriosiscono, li perdo tutti e vanno in lista d'attesa. Leggo di film in cui vampiri vengono curati e mentre aspetto di vederlo acchiappo ugualmente l'informazione e lego il tutto a quel meraviglioso filo che parte dalla favola di Amore e Psiche e che si dipana nei secoli apportando variazioni sul tema sempre in qualche modo peggiorative a quello che è l'emblema del rapporto uomo-donna fino ad arrivare allo stravolgimento gotico del vampiro, che nottetempo arriva non per amare quanto per nutrirsi, succhiare, devastare e lasciar gelo e morte dietro di sé. Forse è una maniera per tornare a quella che era originariamente la favola, è un segnale, un desiderio, un'espressione di speranza. E penso a questo tempo in cui non riesco ad avere neanche un'idea di me o capire cosa io stia facendo o cosa sono. Che tante cose non sono più, ma ancora non sono neanche altre. Ma non c'é vuoto, è un divenire denso, di talmente tante cose che non si sono ancora fermate e vorticano. Come le briciole dei biscotti al burro nella tazza di té yogi mentre ci ravano con il cucchiaino. E penso a quando mi dicono che parlo di una me che non sono più, che forse è soltanto un'immagine di me che ero. E mi torna in mente un pezzo di Battiato. E tutto questo non mi torna, perché io non ho un'immagine di me, non servirebbe a niente averne, io sono già io, ho la mia identità. Posso magari avere un'immagine di qualcosa che vado cercando, di un diverso da me. Ma di me, no. Sarebbe da fuori di testa decidere o aspirare ad esser qualcosa su base razionale. Mi sa di finzione, di chiusura, di cella di isolamento, imbottita e sicura, lontano dal mondo. Un po' quello che fa un sacerdote, benché dia una spiegazione che chiama fede e quindi mascheri il tutto da irrazionale. Non si può "decidere" cosa essere, si é in relazione a cosa ci succede, a chi incontriamo, a cosa abbiamo dentro da anni e anni. Allora che cos'é lo scollamento che capita e di cui loeggevo e che mi ha fatto ripensare al pezzo di Battiato. Il percepire un cambiamento avvenuto a prescindere da una realtà rimasta immobile? La scoperta di una separazione già avvenuta ma della quale gli altri non si sono accorti? Il cielo è nuvolo e i fiori di gelsominomi stordiscono. Le zanzare pungono e la frittata è pronta. Cerco le parole, continuo a cercare e a voltenon so neanche bene cosa. Ma non l'ho deciso io, è che sono così.

1 commento:

  1. ma infatti, tu sei tu e basta.
    l'immagine, la bella immagine di te lasciala a noi ^_^

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