domenica 9 agosto 2009

Sull'aia.

Pan di tutoli vin di nuvoli e guai a te se tu mugoli.
Mi pare suonasse tipo così, era praticamente inizio cena, ancora al primo o secondo bicchiere o comunque al principio, che il conto è andato perso presto e ha lasciato solo un sacco di immagini slegate. La sterrata introvabile, una casa gialla, risate satanicosardoniche, atletici lanci di avanzi morsicati, l'ombracinese priva di occhi e ricciola nascosta nello schienale di una sdraio, gatti, un sorriso vegetariano, la luna quasi piena, fuoco che lancia scintille, grigliata, immagini di Saramago, bicchieri, una scimmietta che sale su per il tetto, gelato affogato, nostalgico profumo di sigaro, amaro amaro, sonno. A tratti fatica sociale, d'un tratto sbronza. Difficoltà d'intesa o forse d'intendere. Quasi rabbia o forse noia. Oppure il tutto filtrato dal sentirsi in gabbia. Cercare, per capire. Provare a parlare invece di tacere e chiedersi se sia difficoltà d'espressione e allora si può ben sperare o se sia invece incapacità di pensiero e allora addio pipi. Diversità, incontri. Muri. Nessuna voglia di scalare per affacciarsi sul vuoto. Con, ovviamente, tutta la difficoltà di innumerevoli bicchieri a scandire. Roba che stona e urta circa le speranze di futuro di una donnina in potenza, che la sua ricchezza non sia mai roba da sfruttare in basso, ma identità da sviluppare in alto, prendendo le distanze da un mondo sudicio e bieco, che sappia quindi non sfruttarlo, ma evitarlo e lasciarlo in fondo. Il tesoro, schifo di discorso, non è quello su cui si siede, che altrimenti sarebbe tesoro di tutte. Il tesoro è una ricchezza altra, che già facendole addosso un discorso simile viene dissipato e perso. Perché sarà una donna, sarà desiderata, ma più ancora sarà lei a desiderare, e quello conta. Schifo. Schifo a pensare a una bambina lanciata col pensiero tra gli squali come volerne fare il più squalo di tutti. No. E' una bambina, non è futura fica. Non è così che funziona. Ecco dove si fotte l'identità femminile. Buttandola già in partenza accanto alla peggiore identità maschile. Pensiero storto o incapacità d'espressione? Schifo, comunque. Roba che non mi torna. Essere, avere. Essere una donna, avere una passera. Due robe diverse, decisamente. Che forse devono andare insieme, ma separate non funzionano. E il pensiero va da solo. Difficoltà d'espressione? Forse. Eppure lo diceva anche quello, le parole sono importanti. Chi parla male pensa male e vive male. Un bel coraggio, quel tipo lì. Che finiva un film con "Ti amo e sono un mostro". Boh, devo esser diventata intollerante a livelli talebani, leggo contraddizioni insostenibili ovunque, mi pare di aver a che fare con delle divergenze che non vanno e adesso le vedo anche dove prima vedevo riflessa me stessa. Non mi risuonano più, certi santini. E intanto arrostiscono le pannocchie, la rosticciana, la pancetta, le verdure, il tomino e tutto passa nei piatti, tutto o quasi mi passa sotto il palato, pure il pecorino di fossa con la marmellata di cipolle che mi ucciderà il giorno dopo e già lo so. Il bicchiere scandisce, l'identità, l'identità, essere e avere e identificazioni. Pensieri. Nasce bambina e ha una ricchezza, ha un tesoro. Non mi torna. Non mi torna. Cerco. Non mi torna questo a prescindere. E' religioso, è roba innata che appiattisce, è roba che determina. Nasce e è uguale a tutti gli altri. Nasce e ha qualcosa di più. No, non mi torna. Crolla ogni cosa se si parte da una roba simile. Tanto vale nascere con il peccato originale. Quest'osanna a prescindere della donna l'ho già sentito e veniva da un tipo che decantava tanto la donna e la magia della vita che da lei scaturisce. Così tanto, ma così tanto che alla fine ti appariva limpido che era tutto uno specchio per il narciso uomo. Quella magia nient'altro che l'osannare sé stesso che la poteva ingravidare. Povero toro sgonfio, che povertà. Che visione fascista, la vacca fattrice. Apri il Brusco, no anzi, cerco nel buio, meglio il Montefalco. Versa. E chi lo sa come esce roba politica e non ricordo granché, solo il solito luogo comune senza costrutto che fa cascare le palle. Che dell'incoerenza di Bertinotti che si compra il cashemire e le scarpe da 700 euro non se ne può più, quasi quanto del Duce che ha bonificato la Maremma, come dice il mio collega. Superficialità ideologica tendente al religioso. Il Montefalco non aiuta, eppure si collegano robe ugualmente. Esiste il prete, figura semplice e piatta che si spoglia di tutto e si infila una bella sottana che lo identifica in colui che ti presterà assistenza, spogliato di tutto, solo per il bene della tua anima. Si prende cura di te, il prete, è tutto carità, te lo racconta pure la pubblicità progresso. E poi otto per mille, Vaticano, missionari. Ok. A me, volendo, il papa che si mette le scarpe di Prada un po' schifo me lo fa (un po' in quanto sto relegando il disgusto giusto alla faccenda scarpe). Prende i soldi per non fare nulla, un papa, giusto per farti un lavaggio dell'anima. Nemmeno del cervello, visto che pensi di avere un'anima quello lo hai già mandato a margherite. Un sindacalista svolge un lavoro. Viene pagato. Se li spende come cazzo gli pare. Perché quando l'operaio riceve un aumento di stipendio grazie al lavoro del sindacalista, l'operaio è libero e se li spende come cazzo gli pare. Perché ognuno è libero di spendere i suoi profitti come cazzo gli pare. Misuriamo il valore del suo lavoro al limite. O ancora meglio. Misuriamo un po' la sua identità umana, se possibile. Perché se uno fa schifo per lo scialo allora papi fa schifo solo perché ha le ville? Il prete che si traveste da povero per stare tra i poveri è una delle cose più ipocrite e false mi venga in mente. E poi è meglio il sindacalista che spende 700 euro per farsi fare le scarpe da un artigiano il cui lavoro vale 700 euro oppure l'operaio che si prende le Nike a 80 euro fatte dal bambino in fabbrica a 11 anni? Andiamo per assurdo e chi lo sa dove si arriva. Eppure, nell'ideologia comune il sindacalista poiché combatte per gli operai deve indossare un uniforme da operaio. Ma nemmeno Marx si mescolava ai proletari, esortava Unitevi, mica uniamoci. E però si ritorna lì al luogo comune. Non ci si fa, così. Dove sta la ricerca? Dove è il nuovo, il cercare? Ci si immobilizza in un luogo comune da bar. Altro che rivoluzione. Altro che sinistra, si torna lì, all'immaginina di falce e martello che se sparisce non si sa più cosa votare. Amaro, l'amaro.
Sono davvero una gran rospa rompicoglioni, la prossima volta col cazzo mi invitano sull'aia.

1 commento:

  1. Più che una rompicoglioni, una grafomane.

    Oggi (che sono in vena di spunti) in tema di essere/avere lo chef consiglia:

    http://www.youtube.com/watch?v=DC2DIRgAM6Y

    eFFe

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