giovedì 6 agosto 2009

Sogni.

In tutto questo movimento perdo roba e la ritrovo, la perdo ancora e sembra che tutto abbia bisogno di una collocazione. Senza etichette si scambiano di posto il sale con lo zucchero e tutto quello che resta da fare è assaggiare, che al colpo d'occhio alcune cose le si riconoscono altre no. E nel trambusto del fare tutto si shakera e ha consistenze nuove, sapori nuovi, profumi nuovi. E spariscono i sogni come se fosse una tregua atta all'azione. Come se ci fosse bisogno di prendere tempo, accumulare cose e cambiamenti per poi riaffrontare il dovuto. Che pare metabolizzato, invece a quanto sembra no, per niente. Perché d'un tratto, in un tardo pomeriggio senza grandi stanchezze succede che hai un po' di tempo da sola e chiudi un po' gli occhi e il sogno ritorna, in dimensione vivida, così reale che non sai che è un sogno, te ne accorgi durante, perché dall'essere in mezzo ad un discorso sano, pacato, civile e costruttivo ti trovi catapultato nell'incubo e l'orrore e lotti per riaprire gli occhi e vedere davvero e sono attimi secondi tempi eterni in cui cerchi di riacchiapparti il razionale, la veglia, il conosciuto. E' roba dolorosa, che resta addosso e come sempre spenge, fa vacillare, è mortifera e brutta. Non cedo e vado al cinema, mi godo Javier Bardem, le risate di quei tre dietro e i sorrisi di quelli accanto che ragionano di mucche e superfici cacabili, oppongo piccole immagini belle al brutto e lo stempero. Caparbiamente tesa al non riscendere.
I sogni ho deciso di provare a non raccontarli più. Casomai, ci riuscissi, a chi sa capirli. Tutto il resto è vano.

Nessun commento:

Posta un commento