
La sghemba Lizbeth che se ne va di sbieco rasente al muro o zoppica dolorante stroncata da una bestia ha continuato a scavare per conto suo. Troppo spesso scatta un meccanismo subdolo e pericoloso nella donna che subisce violenza che la porta a pensare di aver "cercato" quel che le è successo, di averlo provocato. E lì la propria femminilità va a farsi benedire. Si attua una sorta di autopunizione, uno sparire, un negarsi. Si fa fuori la propria natura donnesca mascherandosi. Infagottarsi, stragiarsi i capelli, tatuarsi, agghindarsi di orpelli. Forse dopo aver subito la qualunque da un uomo per una donna la vera vittoria non è trovare la freddezza di lasciar bruciare un pazzo criminale e sadico, quella forse è rivalsa o vendetta, ma la vera vittoria è gettare la maschera androgina e riaffermarsi in calza velata e tacco otto. Quello sì che è davvero più duro. Ma queste sono considerazioni su casi estremi visti al cinema. La violenza dell'uomo sulla donna è anche altro e meno eclatante. Ci sono in giro molte più bestie di quante si immaginino, dietro al loro sorriso ipocrita nascondono i canini del vampiro e agiscono in piccolo, una succhiatina ogni tanto. Salassi di vitalità, stoccate tremende, talvolta un lavorìo sotterraneo. Mi fanno dispiacere quelle donne che soccombono. Che imparano a loro volta la violenza e per non essere schiacciate schiacciano e annullano, come se fosse l'unica via e si ritrovano insoddisfatte e invidiose. Leggo in giro delle robe che denotano cervelli piatti come fotocopie di intestini e rabbrividisco. Se chiudo gli occhi mi vedo sempre così, avvolta nel caldo abbraccio rosso, felice, bella.
La sghemba Lizbeth, salassi di vitalità, fotocopie di interstini, ll caldo abbraccio rosso...
RispondiEliminaCome mi garba il tuo coté letterario! :)
Uhm. Considerato il livello potremmo forse anche parlare di pavé letterario ;)
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