martedì 3 febbraio 2009

Spleen.

Ascolto già da ore la pioggia e le strade. Ho dormito coi sogni, ma li ho dimenticati. So che ci sono, ma al risveglio non li trovo già più. Trovo i pensieri, e le domande. Cerco soluzioni e soluzioni non ce ne sono, non nei pensieri. Mi fanno rabbia le parole e non so più se le capisco. Cerco nel sentire e mi pare di essere senza pelle e di dovermi solo difendere. Tutto mi ferisce, unica e sola come un faro di spavento, maledetto Pablo. Realizzo cose per semplice buonsenso ma poi le ammanto di tragici significati e soffro pene indicibili, da sola, rotolandomi sul fondo e penso no, è solo colpa di quei libri della nonna, che mi han cresciuta a melò. Io la pelle ce l'ho, ce l'ho e se mi manca della pelle non è la mia. Esci dal tunnel, mi dico, questo non è andare a caso è andare per strade d'abitudine. Poche seghe. E mi dico: andare. Anche senza pelle, andare. E' desiderio, è fiducia, è una prova di fantasia, perché difendersi allora? E nei pensieri rantolo e vorrei dir di no a tutto e non mi torna, ma che cosa mi spaventa? Forse vesto l'ignoto di vecchie immagini stanche invece di andargli incontro curiosa. Di nuovo l'abitudine al fallimento preventivo. E invece no. Che cosa voglio? Andare. Bene, allora andare. Pace? Pace. Senza piangere? Senza piangere. Hai finito di rompere i coglioni? Dormi. Tra qualche ora hai degli impegni.

Cerco di fare del mio meglio. Cerco di fare. Cerco.

1 commento:

  1. Citando Borges:
    "Io ero uno di quelli che mai
    andavano da nessuna parte senza un termometro,
    una borsa dell'acqua calda,
    un ombrello e un paracadute;
    se potessi tornare a vivere, vivrei più leggero."

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