giovedì 9 agosto 2012

Frutta e verdura.

Istruzioni per l'uso? 



...Tornando a casa stasera
Troverete i bambini
Dategli quella carezza del papa
Ma anche un calcio nel culo va bene
Anche quello ogni tanto fa bene
Come segno d'amore sicuro
Di contatto e calore animale
Senza tante parole
Tutte queste parole
Che non cambiano niente
Che non legano il sangue
Spero tu mi perdoni...

La carezza del papa, Virginiana Miller

In loop. Perchè le parole non legano il sangue e tutto è così fragile di fronte alla fredda capacità razionale di annullare tutto che anche sentirselo dire in musica aiuta. Ci vuole il corpo, e anche a calci nel culo, fa bene. Ma se non me lo ritrovo, son ferma. C'era una volta un gioco. Appoggiare le dita sulla tastiera e vedere che cosa avrebbero composto. Il più delle volte alla fine ne saltava fuori un filo prezioso che legava tutto. I fili negli ultimi tempi mi si ingarbugliano forse perché son troppo distratta per maneggiarli o troppo impaurita. A volte mi agito, come un elefante nella cristalleria frantumo tutto quel che mi circonda, mi ferisco, imbratto. Per fortuna o forse dovrei dire per storia, che non è certo per semplice botta di culo che questo è accaduto e quindi è doveroso correggermi e dire Per storia, ho intorno persone che hanno occhi aperti e mani amorevoli e capaci di aiutarmi a rialzarmi con dolcezza, facendo sparire cocci e ferite. Mi rendo conto che ho messo davvero tanta bellezza nei rapporti che ho fatto. E son stata capace di limpidezze che ancora non mi riconosco. Non so se questo traguardo sia già la pulizia che volevo raggiungere o soltanto un inizio. E in tutto ciò che è inaspettato e nuovo trovo pace e speranza e vitalità dimenticate. Ritrovo il guizzo dell'anguilla, eppure ormai non sono più quella. Non scappo più verso il largo di fronte al desiderio come appena nata, ho le gambe e gli vado incontro, col cuore in pace, senza agitazioni. Eppure quelle gambe mi confondono, non riesco ancora a capire bene dove chieder loro di portarmi. Se sia giusto ribaltar tutto quando dovrei concentrarmi su tutto ciò che è razionale, logico e freddo per portare a casa dei risultati accademici e freddi. Che in questo tempo storico in cui tutto scorre greve e si complica e affatica, invece di dedicarmi al mio futuro professionale e incerto mi trovo svagata e distratta a fare pellegrinaggi su ruote che mescolano un nuovo ancora inconsistente a ricordi che sono stati e che mi danno prova di essere. Uno strano miscuglio di livelli. E il caldo. E la stanchezza. E la paura. Mi ritrovo vipera, rabbiosa, attorcigliata in pensieri dolorosi come crampi, mi vedo annodarmi per terra, la testa premuta sul terreno da un bastone biforcuto che mi immobilizza. E' la perdita del rapporto, è l'assenza, è il Cogito ergo est. E' fare un vuoto, cancellare. O forse è il guardare con occhi razionali qualcosa che di razionale non ha niente e distruggerlo per paura che sia vero. E la risposta è già in tutte e due le cose, è sempre comunque assenza, che il rapporto si fa in due e appiccicarci sopra le figurine della famiglia Addams coi mostri non è sano. I rapporti si fanno in due, sempre, da lì vengono le risposte, nascono nuove domande. Le paure, messe a fuoco, si rivelano radicate in quella che è la preistoria. Al suono della ventola del piccettino mi chiedo se io stia cercando qualcosa per farmi male per forza o stia semplicemente cercando quello che grazie agli strumenti accumulati io saprò affrontare con consapevolezza. Domande senza risposta, fatte al soffitto, senza neanche un calcio nel culo. Parole, senza contatto e calore. E come cantava quello Queste son parole e non ho mai sentito che un cuore affranto si curi con l'udito. Il filo mi resta tra le dita mentre guardo la parola cuore. Possibile che le dita abbiano cacciato fuori la parola chiave?

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