lunedì 17 ottobre 2011

Altalene, parole, bambine....



Apro gli occhi nel rumore dei muratori che appena al di là del rotolante passeggiano sui ponteggi e lavorano alla facciata del palazzo. Acchiappo il cellulare, guardo l'ora, mi chiedo un motivo per alzarmi. Capito a leggere questo , sorrido, mi alzo e trangugio una merendina al volo. Mi vesto, non mi doccio, non mi pettino, esco come sono canticchiando i Talking Heads, una melodia naive. Vado a recuperare il motorino ma è incastrato tra gli altri in modo tale che rinuncio. Cammino, nel sole, nell'aria tersa, attraverso la stazione vuota, guardo i treni, i binari, i colori. Salgo le scale, penso al lavoro da fare oggi, ad organizzare la giornata, guardo i lavori, i binari che avanzano, il panorama che si spiana e si apre e poi si riempie di nuovo col passare dei mesi. A casa scopro che non ho più il libro a cui pensavo, lo cerco invano, sposto, scartabello, mi arrendo alla rete. 


"Accompagnarono la bambina all’altalena e la lasciarono sola. Non era uno di quei comuni giochi da giardino, dalla solida armatura di ferro e dalla breve oscillazione pendolare. Aveva due corde altissime che si perdevano nelle nuvole e su di esse si avviluppavano rampicanti fioriti. C’erano sempre fiori che si aprivano e altri che appassivano, sicché le corde sembravano vivere. Il sedile era una tavola d’oro e poiché era alto vi si saliva per quaranta gradini di spuma. Intorno, c’era molto silenzio e un cerchio ininterrotto di uccelli bianchi. La bambina cominciò a salire la scala, gradino dopo gradino, e quando arrivò all’ultimo e afferrò le corde, vi fu una grande vibrazione musicale. Si sedette sulla tavola d’oro, e nel medesimo istante i gradini scomparvero in grandi fiocchi che un vento spinse lontano, mentre gli uccelli scendevano a terra trasformandosi in parole di commiato.. la bambina si guardò attorno: l’orizzonte era, come al solito, circolare, e a distanza si vedevano vaghe città che crescevano lentamente e a volte scomparivano: perché il tempo, lassù sull’altalena, aveva un’altra dimensione e i secoli duravano minuti. È un grande mistero inspiegabile. Le altalene sono fatte per dondolare. Piano piano la bambina cominciò a oscillare, un po’ stordita a causa dell’altezza. Era sospesa tra cielo e terra, appena con una tavola d’oro e due corde che nessuno sapeva dove si agganciassero. Lentamente, l’arco si fece più grande, e la bambina contribuiva con quei movimenti che tutti i bambini apprendono, o già sanno, quando salgono sull’altalena. Ora la vertigine dell’altezza era scomparsa, sostituita dalla confusa sensazione di paura e di vittoria che accompagna il corpo proiettato in aria. Quando la bambina era lanciata in alto, vedeva solo il cielo, profondo e azzurro: gridava di allegria e di stupore, anche di paura. Poi, arrivata alla fine della spinta, cadeva dall’alto, descriveva una lunga curva, ed era la terra ad apparire ai suoi occhi, verde e gialla, e nera, e azzurra, perché da lassù si vedeva molto bene il mare. E in quell’andare e venire la tavola d’oro sfavillava, e i capelli della bambina, sciolti e fulvi, erano come una bandiera o una fiaccola. E la bambina rideva perché erano suoi il cielo e la terra, ora l’uno, ora l’altra, sebbene, come si è detto alcuni fiori appassissero e si staccassero: cadevano in spirale come se scendessero una lunga scala verso le profondità del suolo. E ogni volta ne cadevano di più, tanto che alla fine le corde restarono nude e lisce. Al tempo stesso, il movimento dell’altalena andò facendosi più breve, finché le corde divennero due colonne rigide, verticali, definitivamente immobili. La bambina tentò ancora di muoverle, fece tutti i gesti necessari: impossibile.
Una densa nebbia cominciò a salire dal suolo. Dietro di essa, si nascosero le città, e i campi, e il mare. Non c’era più il cielo azzurro, tutto era una spessa e umida nuvola attraversata da mormorii e antiche voci. La bambina tremava di freddo. Non aveva paura, solo freddo. Tese i piedi in cerca dei gradini, e non c’erano gradini. Allora si lasciò scivolare dalla sua tavola d’oro e cadde. Cadde lentamente, come nei sogni, un po’ triste e stanca.
Quando arrivò a terra, rimase raggomitolata come un animaletto o il guscio di un frutto. La nebbia cominciò piano paino a dissiparsi, rotolando in volute sfrangiate, attraversate da raggi di sole. E d’improvviso scomparve. La bambina guardò in su. L’altalena era lì, molto più in alto di prima, con la sua tavola d’oro e le corde fiorite. Ma non c’erano scalini.
Allora la bambina si sedette e attese. Accanto a lei una rosa si apriva con la pazienza del tempo ritrovato. La bambina accostò il viso al fiore terrestre e così restò, aspettando che venissero a cercarla: perché era bambina e aveva nostalgia di un’altra mano nella sua."

La bambina e l’altalena,  José Saramago - tratto da “Di questo mondo e degli altri” ed. Einaudi 



E allora se il libro non c'é, la prendo da qui. Se per caso ritrovo il libro vedrò se è identica. 



6 commenti:

  1. quanta aria e cielo in queste parole..

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  2. Mai quanti ooohhhh e aria e cielo quanti ce ne sono nella foto della Bionda. Un'immagine bellissima.

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  3. Il libro ce l'ho, ho controllato ed è uguale.
    Manca mezza frase che metto tra " e ".
    E la bambina rideva perché erano suoi il cielo e la terra, ora l’uno, ora l’altra, "e perchè era seduta su un'altalena con le corde fiorite", sebbene, come si è detto alcuni fiori appassissero e si staccassero: cadevano in spirale come se scendessero una lunga scala verso le profondità del suolo.

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  4. ohhhhhhhhhhhhhh (anch'io)

    olgaolgae

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  5. L'altalena della vita regala anche cieli bellissimi e attese di mani che arriveranno, mica si cade sempre! :-)
    Bella da morire, complimenti per la scelta del brano, sei stata veramente una illuminazione stamattina.
    In caro saluto

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