giovedì 14 aprile 2011

El 3 Gats.



Picasso Mirò Dalì: giovani e arrabbiati, la nascita della modernità. Bel titolo, però preferisco l'arguzia di Jacques che ribattezza il tutto Due genii e un pagliaccio. Secondo la mia amica il pagliaccio sarebbe Joan Mirò, io capisco subito che si tratta di Salvador Dalì. C'è qualcosa di troppo studiato, di deciso, in quel che dipinge Dalì. Ci sono richiami che richiedono sempre l'impegno della razionalità. Grande provocatore, indubbiamente grande pittore, maestro. Ma giocare con gli atomi, il trompe l'oeil, i simbolismi, la serie di Fibonacci, non basta. Rimane un gioco razionale, per me. Ci vedo più mondo, equilibrio, poesia e ricerca in uno degli arcipelaghi di Mirò che in una qualsiasi tela di Dalì. La semplicità della terra, i contadini, le donne, gli uccelli. Qualcosa che risuona anche dentro a un bambino, perché un pomeriggio tra i campi a guardare le nuvole o ascoltare i cinguettii tra gli alberi lo hanno forse passato tutti, più di quanti si sian fatti le seghe coi corni di rinoceronte e i disegni esplosi e le sezioni auree. E la mia amica dice Ma Mirò mi sembra solo fuffa, quelle macchie... Che sì, saranno anche solo macchie, ma io ne ho fatte e viste tante di macchie e però tutta sta roba dentro non mi riesce di trovarcela... Il primo Mirò che ho visto dal vivo in vita mia era al Rjiskmuseum ad Amsterdam, ricordo un quadrettino minuscolo, un fondo terra di siena sporco, una palletta rossa da una parte, un filo nero finissimo e finito lì. Ricordo questo, nemmeno sicura che fosse davvero così. Una semplicità imbarazzante, che mi fece rimanere lì a guardarlo senza capire come quell'affare semplice, fatto di nulla, potesse essere arte. Mi dicevo Non è possibile questo sia un grande quadro, lo posson fare tutti. Eppure rimanevo lì a guardarlo, incantata dall'equilibrio del tutto. Era perfetto. Ci sono, nella mostra a Firenze, due quadretti, inteso come quadri di dimensioni modeste, due nature morte. Dentro ci sono una griglia, un pentolino, un mestolo, un frutto. Come inteccheriti, staccati, fermi. Poi li guardi bene da vicino e ci sono dei colori che ti erano sfuggiti e poi ti allontani e vedi una disposizione precisa, una composizione che è quella dei Mirò quando finalmente era diventato Mirò con i colori primari e i segni minimali stilizzati e prosciugati del superfluo, il suo abc inconfondibile. E le nature morte sembra di vederle trasformarsi e farsi semplici, diventare macchie di colore puro. E pensi Eccolo, il percorso. E' come un viaggio, esplorare gli arcipelaghi, passare tra i segni, giocare con gli ideogrammi e la tavolozza. Dalì ha imparato tutte le tecniche, ha saputo giocare con tutte le regole, ha creato un immaginario distinguibile e unico. Non ha espresso poesia, nel mio modo di vedere, ha solo celebrato un proprio ego smisurato. Mirò sapeva ridere, timidamente, e intanto cercava togliendo un poco ogni volta. Dalì con il suo dattero in tasca si prendeva noiosamente sul serio e pomposamente cercava di stupire aggiungendo ogni volta una cosa che potesse rivelarsi inaspettata. Di Picasso taccio, che cosa si può dire? Di fronte a Picasso ci si può solo ammutolire. La mostra è a Palazzo Strozzi ed é aperta ogni giorno fino alle 20 e il giovedì fino alle 23. All'ingresso volendo si può chiedere un kit da disegno (e io non l'ho chiesto però l'ho usato che non era giusto che l'unico pagliaccio fosse Dalì) oppure una valigia con le attività per tutta la famiglia e ci sono poi tre o quattro punti in cui si può interagire e partecipare all'esposizione della propria opera e del proprio pensiero. Tristemente c'erano più adolescenti assiepati di fronte ai post-it lasciati dal pubblico che a guardare i taccuini di Picasso, ma forse andare in un posto a vedere cosa hanno fatto gli altri troppo tempo fa non è poi così stimolante. E si deve per forza lasciare un proprio segno, l'annullarsi di fronte alle opere e avere il capogiro di Stendhal non è più di moda, prevale l'esser parte e protagonista. Poi in una saletta cinque signore con i capelli bianchi sono sedute e cianciano, scambiandosi le matite come sui banchi di scuola e ognuna sta disegnando la propria casa ideale e ridono. E mi ci vorrei sedere pure io con loro. E allora forse sbaglio, che libertà è partecipazione, davvero. Nel biglietto è inclusa anche la mostra dei talenti emergenti alla Strozzina, ma mentre la prima volta vidi cose interessanti stavolta ne siamo usciti basiti e frastornati soltanto dai rumori.

9 commenti:

  1. Il pagliaccio è Dalì ;)

    (con tutto il rispetto per il maestro)

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  2. Forse è un po' come al cinema, c'è chi cerca e vede solo gli effetti speciali ed allora predilige Dalì, altri cercano oltre ed altrove, scavando e inventando, per arrivare a rappresentare l'invisibile: Picasso e Mirò.
    Ma che te lo dico a fa', tanto la pensiamo alla stessa maniera.

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  3. Non voglio dilungarmi perchè non ricordo chi ha scritto che il pittore è un essere sul quale non bisogna discutere troppo perchè perde la vita in onor nostro e per l'elevazione del nostro spirito.
    Picasso è Picasso e questa per me non è una vuota tautologia, ma il massimo complimento che posso dargli in breve spazio.
    Con Mirò hai dato un fulgido esempio di come le parole possano essere leggere e delicate come farfalle quando a parlare è una che ama e che si è compenetrata in un artista.
    Capitolo Dalì. Fa tutto quello che hai scritto tu (oltre a molto altro, naturalmente).
    Ed è per questo che lo amo. Lo vedo come una specie di Virgilio che mi accompagna con tele e colori nel mondo del surrealismo, della psicoanalisi, della sezione aurea e della serie di Fibonacci...dopotutto mi chiedo: non è tutto questo un gran godimento per la mente? non è meglio essere accompagnati da Salvador che da qualsiasi altro barboso storico della cultura?

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  4. Humm...Il set da disegno DOVEVI prenderlo...Un giorno ti servirà...altro che se ti servirà...Uhauhauhauha

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  5. arte è una cosa da basso ventre, non può essere solo dal collo in su

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  6. Sù: temevo il cazziatone
    Rù: la pensiamo o la sentiamo alla stessa maniera? Io direi la seconda :)
    Cò: eh ma allora se devi nutrir la mente vai a fare il professore, no il pittore :D
    Pà: Era solo un libricino che poi potevi tenere e lapis e gomma che dovevi poi restituire... tsk.
    Ecù: vero, l'arte è quella cosa che genera la scossa che unisce il basso ventre al dal collo in sù. se le due parti restano scisse allora non funziona.

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  7. Sto lavorando ad una relazione sul "genio e follia" nell'arte, ultimamente; la cosa non mi ha stupito per niente, ma quando ho chiesto in giro a chi fa pensare quest'espressione tutti mi hanno risposto con sicurezza puntando su Dalì. In questo confronto, e non solo, è evidente che sia lui il pagliaccio invece, niente da ridire sulla sua arte ma fra i tre sicuramente non è lui il vero Genio. Mirò è un genio tutto da scoprire, al contrario, uno di quelli che non finirà mai di raccontare qualcosa di nuovo, con le sue stesse opere che già abbiamo..se fosse ancora in vita e attivo, diventerebbe davvero un viaggio infinito e forse fin troppo ostico. Quando ho visto la sua mostra a Barcellona sono rimasto davvero impressionato, tornavo indietro a riguardare la stessa opera anche due o tre volte per vedere sempre qualcosa che prima non avevo notato, ma anche volendo fare avanti e indietro altre mille volte sono sicuro che mi sarei comunque perso sempre qualcosa; lo trovo affascinate per questo. Picasso poi, il Meglio tra il meglio, un gran Maestro.

    Curiosità personale: com'è curata la mostra e quanti/quali quadri di ogni artista ci sono? Vorrei riuscere a venire a Firenze per vederla, ma non so se ce la farò :(

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  8. Paper: eh, potevi tenere il libriccino, ma il lapis e la gomma gli costavano troppo ;)
    Paolo: la mostra ripercorre al contrario il legame di conoscenza dei tre artisti e quindi tratta solo le opere di quel breve lasso di tempo. Ho trovato notevoli i Picasso esposti, merita anche solo per l'ultima saletta.

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