giovedì 31 marzo 2011

Cerimonie.



Tempo fa ho cominciato a seguire un blog che parla di té. Un blog dove se ne parla proprio seriamente e io ne sono rimasta affascinata per due motivi. Il primo era che avevo letto il blog "di parole" dell'autrice prima che quello "di té" e mi piace assai assai per cui riuscivo a trovare un background che prescindeva dalla passione teistica e faceva sì che non si mescolasse a certe modaiole tendenze che mi fanno venire il nervoso e il secondo è che tutta quella cura e quella pazienza son roba da me lontanissima, ma che mi tiene legata a filo doppio o triplo, perché per me il té è una roba talmente atavica e ancestrale che si lega a un qualcosa diirrazionale e profondo, che non comprende cerimonie. Anzi. La cialtroneria diventa quasi d'obbligo. Perché per me il té é il massimo dello spaparanzamento. E' casa. Quando facevo colazione al mattino, e si parla di elementari, non esistevano tazze di latte. C'era la tazza, la mia, di plastica arancione, panciutella, con il té per inzuppare i biscotti. Che del latte e soprattutto di quello caldo, che faceva la "panna", quella tremenda pellicina che restava attaccata al pentolino, io avevo orrore. O schifo, potendolo dire. E allora di fronte al rifiuto, era té, purché qualcosa ingurgitassi. E quella tazza arancione mi ha seguito per anni e probabilmente è ancora dentro al pensile, magari in fondo al mobile, dietro alle tazze alle coppette, ai bicchieri. Ricordo di averla avuta in corsia, durante la degenza per un'operazione agli occhi. Per la merenda il carrello e la fatidica domanda: latte o té? E io con quella tazza mi sentivo a casa, nella normalità, quasi fossi nella mia cucina. E il té, per anni, sempre lo stesso. L'Earl Grey nelle bustine gialle, Tuìnings, mai altro. E poi negli anni il té è passato ad essere un'abitudine pomeridiana, che fosse sul divano o nel gelo del convento, per scaldarsi un po' le budella in quella che era la cella 19. La meravigliosa Wakaho che mi ha insegnato il té senza lo zucchero e il limone e io che le porgevo tristerrimi bicchieri di plastica. Ma anche quando si tratta di stare sul divano la cerimonia non è omaggiata per niente. Capita spesso che il pentolino venga scordato sul fornello e se ne stia lì a bollire fino a quando arrivano gli strepiti di chi ci passa vicino Quest'acquaaaaaa! E giù in quell'acqua diventata ranno si tuffa la bustina. Spesso anche quella viene dimenticata per un tempo immemore, alla faccia dei termometri e dei timer. Quando invece c'é un bollitore elettrico l'acqua non sta lì a fare le bolle per ore, talvolta al limite salta la corrente, comunque la bustina va nella tazza e succede spesso che versando l'acqua bollente se non si regge il filino, il tutto prenda l'aire e Plof! vada in infusione pure la targhetta, a insaporire d'inchiostro l'essenza della bevanda. Neanche le mie tazze son serie. Una è muccata, una ha le pecore lesse, una dei gallinacei con gli occhi pallati. L'unico tocco di ricercatezza che mi riconosco è negli accostamenti cromatici. Per accompagnare un labronico 5e5 (dunque un tripudio di giallo tra cecina e schiacciata) ieri ho preferito un té verde. Oggi sgranocchiando bianchicci finocchi crudi ho invece optato per un intenso karkadé. E ho scoperto che l'accoppiata karkadé/Ottimini al limone è davvero vincente. Troppo, per andare incontro alle prove costume. Insomma, litrate e litrate di té mi scorrono nelle vene ma non mi ingentiliscono all'arte nemmeno un po' e per un post del genere niente di meglio di queste tazze da brivido. Una sciccheria di inusitato gusto a cui neppure io riesco ad arrivare. Per coccolarmi con un té vero in fondo ho sempre il mio angolo da Derb .

2 commenti:

  1. Allora, la bustina va nella tazza ALL' ASCIUTTO e dopo si versa SOPRA essa l'acqua!!! Idem se si usa il the sfuso...

    Comunque a casa mia si urla "Bolleeee!" SE usi un bollitore elettrico ci sono quelli apposta, consumano un bel pò ma bollona l'acqua il tempo necessario poi si spengono da sè...

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  2. Bellissimo il rito del tè.
    A me ricorda inverni con la nonna, che me lo dava con un po'il latte ( alla russa e so di bestemmiare per i cultori della bevanda) e scaldava cuore, ed estati di te freddo, sul balcone, a sognare il primo, primissimo amore ( avevo 12 anni).
    Cordialmente

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