domenica 31 ottobre 2010


Anche una ricamatrice dovrà pur imparare, mi ripeto. Sarà che sto leggendo le Sorelle Materassi e la deliziosa vicenda delle due signorine rimaste zibe e ingenue alla vita passata sterilmente sgobbando per cancellare i debiti e tiranneggiate dal perfido nipote approfittatore mi richiama immagini di laboriose manine al tombolo o all'ago e fili e fili che a volte intrecciano pizzi e trine e a volte si ingarbugliano in miserevoli parrucche buone soltanto a far giocare il gatto. I rapporti son come fili e se uno é bravo può tesserne un arazzo e armoniosamente far convivere i colori e le trame, dipingendo una storia bella e pulita sul ricamo, senza nodiccioli o rattoppi. Alle prime armi reggo le mie spolette, guardo il modello per prender spunto, ma quella è teoria e so che vorrei far così da averne un risultato perfetto, ma un'altra cosa è maneggiare le spolette, muoversi calibrando il peso e l'angolazione, legar l'intreccio alla giusta misura e andar con l'ago perfettamente in fila. Sono equilibrii fragili, a volte è meglio tornare indietro e riscucire un pezzetto, magari cercare un po' di concentrazione e guardar bene l'ordito e la trama per incocciare nel buchino giusto, né troppo a destra né troppo a sinistra. Laddove distrattamente mi son punta le dita la tela resta macchiata di una vitalità dissipata e tuttora ombreggia vago il sangue versato in un giallino slavato, candeggina nonostante.

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