Doni.

Chi dice sarà il caldo, chi la malattia, chi le cure, chi la stanchezza. Guardo nel vuoto, le persiane chiuse, il ventilatore di rimbalzo. Non riesco ad alzarmi. Se mi nascondo dietro un po' d'organicismo mi strappano la maschera, impietosi, e penso ad un discorso sull'omeopatia di qualche sera fa e tante e tante gocce d'acqua esponenziali e miracolosamente funzionanti. Lo so benissimo, che è una maschera, ma mi serviva. A me l'omeopatia funziona, ma da qualche tempo mi disfo d'antibiotici e questo mi dà la misura. Non mi serve altro, per capire. Per sapere. Arranco, per lo più giaccio, mi perdo il tempo. Con la vitalità azzerrata cerco risposte a questa inedia. Non trovo i colori, non compiccio, non creo. Fo e cancello, soffoco di bianco, rimango indietro. Mi sento la donna che non ha più voglia, ne cerco la storia per cacciarla fuori ma la rigiro in testa e poi la lascio lì, che è roba stanca, perdente, fallimentare. Manco di fantasia, dove non c'é creatività non esiste più libertà. Mi manca un nuovo, credo che sia perché mi tagliano le ali alle speranze. Chi dice che è la crisi e chi dice che la crisi non esiste. Non trovo sbocchi, non ne vedo, tutto impossibile. Proprio quando mi servirebbe uno slancio per un tuffo mi sento mancare le gambe. Sto nella penombra, aspetto. Mi si è raggrinzito il pensiero o forse mi si è piegato perché non ho fatto niente per avere un nuovo, una strada, una trasformazione. Cane alla catena, sto. Se smetto di non essere, la mia vitalità rifiorisce, io lo so.