martedì 16 marzo 2010

Distanze.

In loop un pianoforte rotola come una moneta caduta dalle tasche. Giorni che si inseguono, arrivano, accadono e spariscono veloci come sogni, surreali apparizioni e sorrisi e occhi e provare a dare tutto in una pillola che dopo lascia l'effetto collaterale di un malestar strisciante, che tutto troppo e troppo poco, insieme. Il brutto di non scrivere, che non ci sono argomenti, ragionamenti, illuminazione. Solo vita banale, buona da vivere ma insignificante da raccontare. Guardare il cielo. La neve, il freddo, poi piccoli segnali. Il canto, netto e sorprendente, di un uccellino sopra al rumore del traffico. lo squillare del rosso ciclamino colpito dal sole alzando gli occhi nella strettoia della Madonna del Puzzo. Annaffiare le piante. Spalancare i vetri. Spazzar via la polvere che vela tutto e che appare nella luce. Il pomodoro ha ritrovato grinta, si lancia folle sui 36 all'ora. Cammino, cercando un filo di tranquillità nel vortice dell'ansia e la paura. Sto nel dovere e attraverso folle di turisti e fantocci domenicali che si infilano nel centro a vita nuova restituito come se fosse una passerella degli orrori. Sfilano, in ghingheri, per mano ma guardando intorno. Senza parole, senza contatto, stare nella ressa in branco per non si sa cosa forse per prova di esistenza. Sarebbe tempo da camminare, forse, ma ci sono sempre, ancora, troppe cose da fare. Mi nascondo nel freddovuoto del convento, al ghiaccio disabitato delle stanze lasciate e m'impolvero, impasto il gesso e cerco la consistenza giusta; eccola qua la mia domenica primaverile. A schiaffare gesso come un muratore, beffata dai trasporti pubblici, imbacuccata, malnutrita. Io non sfilo, cerco e ritrovo pace nel silenzio. Non mi vesto bene, non ho fatto la manicure. Mi mangiano la pelle i detersivi, mi macerano i guanti, mi brucia le mani la scagliola, sento la pelle spaccarsi secca. Non ho tempo per fare la donnina adesso. Strana felicità del fare. Sospesa nei ritardi burocratici, affannata dalle scadenze, sentirmi ancora senza un posto o forse senza un'idea di me stessa. Meravigliata dall'intorno contemplo e provo ad unire quei puntini che sono i minuti, le ore, i giorni di questo anno nuovo che mi sembra ancora appena iniziato e invece ha sparato tutto in una dimensione nuova, inaspettata, insperata forse. Cerco di barcamenarmi al meglio tra tante firme, numeri, codici, mi chiudo al mondo con tappi di cera monouso e svengo in un altrove che è come vacanza, è lusso stile Manhattan con un pizzico di Mrs Doubtfire. Esplorazioni vaghe, spostamenti indolenti, scoperte voodo. Un nido nascosto in un armadio, ingegneria magica inquietante. Evocazioni. Un uomo che dipinge in piena notte, forse nel silenzio o forse no. Realtà che supera la fantasia e lasciare indietro il portatile, dimenticarlo, abbandonare la stasi e rigodersi l'ozio sforzandosi di tenere a freno il DEVO. Ho una milionata di cose da fare ancora o almeno mi sembra, che chi di dieci passi ne ha percorsi nove è sempre a metà cammino. Io non so nemmeno, ancora, che nome mettere sul campanello. Forse mi verrà in mente appena mi rilasso, ho tempo, sono problemi secondari, tutti, che tanto non se ne esce vivi. Tanto vale godersela.