lunedì 22 marzo 2010

Anche no.


Non mi interessano sorrisi che nascondono il vuoto. Ci sono tavoli che ricordavi vivi oltre i quali ormai un commensale parla e non ti arriva più niente. Sento l'ondata di tecnicismi e materiali pratici, cataloghi di oggetti, riesco a toccare il tavolo, il bicchiere con un vino freddo e inzuppo il pane nel ragù saporito e tutto il resto sfugge. Non c'é altro. Ci sono solo oggetti e persone come oggetti, che non scambiano più niente, nessuna vibrazione. Occhi che non ti dicono più niente, nei quali non si legge più, che han chiuso la porta. La bocca ti dice che ti vuole bene. Eppure non si sente che un suono. Collegamenti interrotti. Felicità celate, rapporti chiusi, realtà negate. Diventa una rappresentazione noiosa, che mi lascia stanca, perplessa, addosso una sensazione di inadeguatezza, di spaesamento profondo. Mestamente realizzo che di alcuni rapporti resta davvero soltanto il ricordo, nella realtà non c'é proprio più nulla da raccontarsi, nessun desiderio ed è palpabile la diffidenza, il muro che non si capisce se cela la vergogna o ti nega la trasformazione. Qualunque sia la sua funzione, lì sta. E intorno a quello ci si muove, goffi, senza motivo. Forse per recitare un teatrino di buona educazione. Io non pratico le iene, nemmeno se conviene.