domenica 14 febbraio 2010

E poi.

E poi c'é un momento in cui non te la puoi più raccontare. Puoi tacertela, la storia, ma ogni volta che esce fuori è vera e la conosci e sai vederla. Tieni gli occhi chiusi, stai lontana per oggettivi impegni o scuse comode. Però il tempo sta passando e da troppo tempo non c'é presente. E così in un pomeriggio grigio e un po' piovigginoso invece di tornare a casa te la cammini con molta calma. I marciapieid soliti, le finestre, i palazzi che negli anni han visto un nuovo intonaco e i bandoni che son scesi e arrugginiscono. E la piazza. Il marciapiede sgombrodelle consolle bianche, delle cornici ammannite, del profumo di ammannitura e dell'odore chimico della nitro aspiratori nonostante. Non c'é più il bar di colazioni d'altri tempi, piccoli lussi mattutini e ottocenteschi. E ogni strada che imbocchi, ogni angolo, ogni pietra che calpesti ha un pensiero, un ricordo, un'immagine a cui puoi sentirti legata e sono anni, periodi, ere della tua storia che ripercorri in una passeggiata e sei ancora quella e non sei più tu. E mentre ti avvicini si rincorrono i volti, voci, discorsi. Ma quando ti trovi di fronte a quello che era il vecchio ingresso alle colonie feline, tenuto sempre amorevolmente chiuso e ti trovi davanti uno sventramento, un vialetto con pacchiani muretti che fanno tanto villaggio turistico e tutto è pavimentato, intonacato, lisciato e ripulito ti salta in gola qualcosa, ti arriva come l'ennesimo pugno a fermare il respiro ed è così tangibile e fisica la reazione che temi quasi possa esser vista da fuori. Sicuramente,se qualcuno mi stava vedendo, ha visto che mi è arrivato un colpo. E subito dopo quasi come in un video clip un ricordo "Ho scoperto che un mio amico ti conosce, ti ha vista, abita proprio davanti al convento" e si affollano pensieri Allora forse mi ha visto quando arrivavo al mattino sempre tardi e sorridevo alla vetrata. Mi ha visto trafficare nel piazzale tra artigiani cialtroni e americane zozze. Mi avrà forse incrociato quando con il peso dentro affrontavo le ruspe, il cambiamento e la lacerazione. Sarà forse stato presente alla vittoria di veder togliere di mezzo il progetto di un'antenna e alla sconfitta di una lotta fallita contro l'avidità perdente. Avrà sentito parlare di noi abusivi, occupanti, sfruttatori, che ogni mese pagavamo un regolare affitto mentre ci crollavano in testa il tetto e l'eternit. Forse mi avrà vista armeggiare per installare un campanello, portare qualche pappa ai gatti, avrà visto la mia faccia uscire dal portone con un sorriso nella scia di un profumo amato. Sì, chi lo sa. Forse il tuo amico mi ha visto, forse è anche entrato nella cella ad ascoltarmi, eccitata, parlare di un passato che non conta più. Forsemi ha visto, ma non mi conosce, non ha idea di cosa sento dentro mentre apro la brutta porta antipanico e lascio dietro questa giornata grigia. Perché anche se la camminata è lenta e preparatoria, anche se a ogni passo sale a galla qualcosa come a riprova che hai dentro una ricchezza, è dura. Perché è arrivato il momento in cui non puoi più raccontartela e devi dirtelo, che stai andando a lasciarlo.