venerdì 4 dicembre 2009

Sassolini.

Un sassolino sopra l'altro si prova a costruire, senza alcun progetto alla mano si porta su una struttura curandone le fondamenta. Se si pensa di avere solide basi si può azzardare ad avventurarsi verso l'alto, in verticale. A volte esperimenti, idee improvvise e suggerimenti ben accolti ci sbloccano dall'impasse di voler lasciare aperte porte da cui entrano solo folate di venti gelidi e miasmi fetidi o ci fanno desistere dal voler costruire muri che soffocano la luce. Talvolta questi colpi di febbrile attività portano inaspettate svolte e nascita di nuove ali, nuovi piani, scale tortuose portano altrove e si amplia il tutto e si fa più vasto il proprio territorio, pronto ad accogliere più abitanti e presenze. Talvolta ciò che sembrava un meraviglioso progetto si ferma e restano guglie svettanti verso l'alto che per la loro fragilità restano lì pencole ma bellissime, funzione decorativa e valore puramente estetico di orpelli che paiono non poter ospitare altro. E quelle superfici restan ferme e disabitate per lungo tempo, fin quando da una finestra vicina di qualche torre cresciuta nel frattempo ci si può allungare oltre il cornicione e dopo aver armato la parete o lanciato una scala, raggiungere di nuovo quelle stanze e collegarle al resto, che ne fan parte ancora e per sempre. Sassolini che portano a costruire gallerie, corridoi, stanze, in alto per panorami sempre migliori. Un labirinto, forse, ma che sia solido, pulito, sicuro. Che possa esser percorso scendendo a rotta di collo per gli scaloni e dove si possano aprire tutte le porte senza il timore di trovarci dietro spettri, cadaveri, marciume. Può succedere di perdere un po' di vista questa necessità di pulizia e nella confusione del momento far ristrutturazioni frettolose che collegano la cucina al gabinetto o la camera da letto alla sala da ballo. Diventa necessario riparare i danni. Si allungano i tempi del lavoro e non si ha tempo per fare feste e ricevimenti. Io stringo un sassolino bianco e non so dove metterlo, mi ritrovo sull'orlo del dirupo e lo accarezzo mentre ascolto parole, lo porto in tasca mentre leggo e giro per le strade, lo nascondo in bocca per aver le mani libere e salire scale ripide, chiudo gli occhi e lascio che l'esplorazione proceda in una ricerca umida, scivolosa, ispida e morbida, furiosa e dolce, sto su una barca, sto in una grotta, sto dentro una cella, sto in una strada bagnata di pioggia nel rumore di pneumatici sul bagnato, stringo un sassolino e mi sfugge tutto il resto. Sassolini. Pietre. C'è un vecchio detto, dice Il doratore ti presta la moglie, ma non ti presta la pietra. Ladoratrice ha una bella collezione di pietre che non presterebbe mai, ma nessun marito, che quelli invece li ha sempre presi in prestito, sempre. Forse è per quello, si dice, che non è mai stata felice a lungo. Ha saputo solo comprarsi le pietre, Ladoratrice, è brava soltanto con le realtà materiali, probabilmente. Adesso stringe un sassolino bianco e lo tiene saldamente, lo porta nei sogni agitati, un po' infreddolita e umida. Ma non troppo, visto che di fronte alla risoluta decisione di tornare a sognare tra le sue coperte si son premurati di impacchettarla. Ha le vertigini, di tante altezze, ha un po' timore di quelle corde giù dalle travi. Ha la consapevolezza che si sta costruendo tutto da sola, come è bene che sia. In due si finisce per dover dividere un mutuo.

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