mercoledì 14 ottobre 2009

Randagi, anguille, asini e prati.

Succede a volte di venirsi a noia. Una miseria, una piattezza. Manca qualcosa, anche se ci sono anche troppe parole. Poi cerchi un po' di pace, giusto quel pizzico di robina sana, qualche occhio che ci vede bene, due chiacchiere senza secondi fini, la pedalata con Arthur, l'odore buono del convento, tre o quattro fogli su cui liberarsi dei pensieri, inciampi in un racconto di prima mattina, lasci lontano tutto il cicaleccio di disturbo e così senza accorgertene accumuli. Ricarichi il dentro e come se niente fosse Plop! esce fuori il tesoro inaspettato. Un'immaginina nuova, un cubettino prezioso che tappa quella falla da cui si disperdeva tutta l'energia. Mentre ieri mattina mi ha stuzzicato Buzzati, con il suo colombre e gli inviti superflui e il cane che aveva visto dio, oggi ho pensato a un altro cane, a un randagino incontrato tante tante tante pagine web fa. Era un randagio in fuga da Comacchio e raccontava di sé e di un'anguilla che scopriva di poter uscire dall'acqua e diventare una ragazza. Oggi pensavo a quell'anguilla e al fatto che una volta lasciata la laguna, non ha più piacere di tornarci. Non era piacevole quella fanghiglia. Ci ha preso gusto ad avere i piedi e anche le gambe e a quelle acquicce preferisce le strade e i sentieri. Però le paludi le vede e le riconosce e guarda tutti quelli che ci stanno dentro, arrancando nella melma e l'acqua ferma. Contempla e si domanda. Quel randagino le ha mostrato il gusto della libertà, del poter correre nei prati a perdifiato e poter giocare con chiunque, il piacere di poter fare le capriole al sole e stare sopra all'erba a pancia all'aria. Deve essere un tesoro ben prezioso e raro, se a tanta gente non è ancora nemmeno conosciuto. Durante l'estate ho trovato un'immagine piccola, mi dicevo che il rapporto è come un prato di cui dovresti poter ammirare l'orizzonte, libero, spazioso, senza recinti e senza muri. Che lanciando una bella palla rossa si possa rincorrerla, rilanciarla, senza temere di inciampare o di riceverla sul naso con violenza dopo che è rimbalzata in qualche ostacolo. Oggi mi ritornava in mente il prato. E pensavo alla palude dove il cavallino Artax si lascia inghiottire dal nulla e dalla depressione. Mi chiedevo cosa fosse a tirarmi così giù. Cercavo in quale Comacchio ero capitata e allora ho collegato il prato e quei recinti. No, non quelli stupidini della morale che sono lì apposta per esser scavalcati con più gusto. Ho rivisto il prato e quella palla e i giochi e ho capito che quelli che noi invitiamo a giocare nel prato sono persone che hanno importanza, sono speciali, non ci si butta sopra chiunque, qualsiasi mostro a stropicciarci l'erba e a pesticciarci ogni cosa. Si invitano solo persone con cui si ha DESIDERIO di condividere il prato. E sbradabam! casca l'asino in mezzo all'erba. Eccoci all'acqua (della palude fangosa)! Innanzitutto, mi dico, per fare tutto questo bisogna avere un prato! Allora cerco e mi chiedo: cosa sarà il prato? L'asino si volta e mi guarda come una povera scema: Il prato è quella zona pulita dove ognuno di noi ripone tutto, immagino. Ah, tu hai ragione, gli rispondo, Dove si tengono le cose private (come i rapporti), ma non in quanto segrete o nascoste. Eccerto, continua l'asino, In quanto intime. Protette, ma non celate. Che se tutto è pulito il prato può esser condiviso e non ci sono insidie. Si parla di roba grossa, difficile, di pulizia, franchezza, sincerità. Roba che ha a che fare anche col desiderio e la vitalità, che allontana dalle pantomime dei ruoli, dai teatrini. Roba che tu ci giri intorno da mesi se penso da quanto tempo leggo questo blog. Però poi ti confondi e non ci pensi, ma quando sul prato iniziano a circolare gli invidiosi, gli indifferenti, i bramosi, qualsiasi pazzo e qualsiasi stronzo, finisce che c'é una folla di gente che in quel prato fa i propri comodi e lo tratta come suo e te non sei nemmeno più padrone, devi esser tu la prima a metter chiare le regole: qui sul mio prato i mostri non entrano. Eh, rispondo io basita dal fatto che mi legga anche un asino, solo qualche asino caduto dall'alto! Ma lui non ride e allora torno seria e continuo perché voglio spiegazioni. Mi inalbero, gli dico Ma io il mio prato l'ho curato, io lo tengo bene. Era infestato di schifezze come una discarica, ma a forza di lavorarci l'ho ripulito ammodino. Ma allora perché adesso mi sento così stretta, così impantanata, se mi pareva di avere un prato così luminoso e verde e senza buche? Eh, povera fava, mi risponde lui scuotendo il testone, si vede che hai invitato una persona sbagliata che non sa nulla di prati e giardini e rapporti, è venuto a calpestare il tuo senza attaccarci il suo e avete finito per fare un gran casino su una superficie limitata, che i progetti erano per due e i piedi 4, ma alla fin fine era soltanto il piccolo terreno tuo e infatti qua ti è rimasto il carico di detriti e fango e sudiciume a sporcarti tutto. Ora te lo pulisci. La prossima volta impara. Che se ci pensi bene un pochino tu avevi già intuito, ma tu sei incostante, tu mescoli le cose... Si guarda intorno, io mi infilo una mano in tasca e ci trovo una carota, gliela porgo e lui mi dà una strusciata di naso per ringraziamento Non ti incupire, Anguilla, tu hai un bel prato comunque, c'é chi non ce l'ha più o chi non sa più di averlo da quanta gente glielo pesta. Gente che non può più avere nemmeno la libertà di avere desideri, che non sa neanche più pensare di poter correre e rotolarsi a pancia all'aria. Te grazie al cielo tu sei così di fuori che tu ragioni con gli asini di cani anguille e paludi, vedrai che un prato tu saprai sempre come inventartelo di nuovo. Finisce la carota e mi dà un'altra testata, poi se ne va dondolante. Io ci sto ancora qui a pensare. Sì, qualche cosa l'avevo intuita. Che meraviglia il mio biglietto sulla porta della cella. Non si accettano visitatori se non espressamente invitati.

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