martedì 26 maggio 2009

Tragitti.

Giornate strane, pesanti e lievi. Una sorta di centaurite, essendo Arthur costantemente presente. Un piede dolorante, che son caduta con la bicicletta. Ma come? Sei caduta? Hai preso una buca? Ti hanno tagliato la strada? Ti hanno spinto? No, non stavo andando, non sono caduta DALLA bicicletta, sono caduta INSIEME alla bicicletta, mentre la parcheggiavo, geniale no? Turni, tragedie insinuate via sms e per la stessa via sfanculate senza troppe storie, alienazione, palle, faccia ringhiante.
Scherzi dementi, tipo farmi provare cosa si scatena di fronte alla sparizione di Arthur e relativo panico di chi conoscendomi ha capito cosa c'era dietro alla mia faccia smorta mentre mi guardavo intorno vicina al collasso. C'era anche la paura di aver inconsciamente allucchettato alla cazzo il mio amato rottame per farmi ancora più male di quanto ho potuto finora pur di patire ancora e ancora e ancora all'infinito amen. Seghe. Io mi voglio bene, Arthur scalpitava dentro un furgone ad opera di una fava. Ganza ma fava.
Brividi di emozione all'inciampo della ruota in un sampietrino sfuso, sentire la traiettoria farsi viva e sguillante e ritornare dritta senza aver avuto il tempo di far nulla, ancora in sella per miracolo (tzé, miracolo, che parolone inadeguato).
Proprio durante una delle solite pedalate sulla pista ciclabile, probabilmente nel tratto di viale de'Mille un po' in discesa, quando i pedali si fermano e senti quel suono che fa infanzia, quel drzzzzzzzzzzzzzzzzzzzzzzzzzzzzzzzzzzzzzzzzzzzzzzzzzzzzzz e puoi andare di rendita fin quasi al semaforo se non ci sono impiastri che ti tagliano la strada, ho pensato una cosina di quelle solite e ovvie ma che mi illuminano la giornata. Il fatto è che cantavo. Mi girava in testa una canzone che non sentivo da mesi. Mi succede che da un po' di tempo un sacco di roba vecchia la scarto per sopravvenuta consapevolezza: era tutta roba vuota, senza sostanza. Si portava dietro un nichilismo sofferente religioso e gramo che era tutto un programma. O una profezia, visto la fine che ha fatto chi la cantava, quella roba. Invece da quell'area "comune" questo pezzo è riaffiorato, vivo. Avevo visto un video su YouTube e le immagini mi avevano smontata. Roba didascalica. Invece la musica è potente. Il testo non mi era mai tornato molto, prima di quella discesina pigra. Continuavo a dirmelo, Precipito, e invece era roba per niente depressa o distruttiva. Una discesa, un volo in picchiata, accelerazione al massimo, perché non va tutto a finire male in brutti pensieri mentre mi appropinquo al suolo e poi finisco spiaccicata in terra? Non era quello l'umore mio. Precipito, lo so, eppure è bene. Questo cercavo, perché mi serve, sto benissimo. Forse mi son lanciata giù perché non sono più dentro la frase trita "Quando tocco il fondo non puoi che risalire. A me capita di iniziare a scavare". Sempre lodi a Freak Antoni, ma l'immagine che ho visto al semaforo (penso lentamente e penso denso, per cui ormai la discesina era di certo finita) è stata quella di un tuffo su un tappeto elastico. Mi lancio giù perchè più giù e più forte arriverò più alto sarà il rimbalzo. E allora tutto si è legato alle immagini di un documentario intravisto su Sky qualche sera prima ancora. Due uomini, abbronzati, fasci di muscoli e nervi in tensione aggrappati alla parete rocciosa di una montagna a picco. Uno che teme il vuoto e vacilla, esita. L'altro cammina su un cavo d'acciaio teso tra due cime aguzze, quasi spavaldo. A metà cavo apre le braccia e si lancia nel vuoto. Dalle spalle gli esce un minuscolo paracadute. Plana. Il primo dice Scalo a mani nude, senza corde. Per me la caduta equivale all'errore, alla morte, è un fallimento. Il terrore è cadere. Il secondo invece scala e una volta in alto cerca quel terrore per poter cadere, perché quello è cio che viene dopo la scalata: il volo. Ha ribaltato la paura in piacere, è un capovolgimento ricco. Precipito. E rompo il cazzo a mando foto e musica per incuriosire e PLUF precipitare in due. Chi sa farlo con pazienza crea questo, che è proprio come era nella mia testa, ma adesso è realizzato. Grazie Gisesafrori.

1 commento:

  1. Questa è la dimostrazione di quello che accade quando la forza di due menti si incontrano nello stesso punto, in quello stesso microscopico punto, si uniscono e sprigionano una potenza che non vedi ma senti.. come l'adrenalina che sale quando scendi in una discesa ripida, in picchiata su una bici.. e ti viene da urlare..

    PRECIPITIAMO.

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