domenica 17 maggio 2009

Pelle.

Bypassato l'evento di "All'improvviso Dante" per un turno a sorpresa ho arrancato verso la visita serale alla Specola. Mi sono persa le letture dei canti sparpagliate un po' in ogni angolo di Firenze, ma mi sono goduta per la terza o quarta volta il museo. Oltre all'apertura straordinaria l'ingresso era gratuito e aspettando di imbucarsi nella visita guidata ho visto la mostra sui cristalli. Senza parole. Dei pezzi meravigliosi. A causa del digiuno ho infilato uno svarione dietro l'altro. Ho iniziato ad andare in sollucchero già dall'ingresso, dove c'erano dei tavoli con i ripiani in pietre dure, uno dei quali in pietra paesina e pavimenti e pareti in marmo e colonne in portoro e mentre mi esaltavo il conte mi ha fatto notare con il suo solito aplomb che l'arredamento della sala non aveva niente a che vedere con i cristalli. Sì, vero, ma mi piacciono i sassi. Potessi metterei alle pareti di casa lastre di onice e marmi invece di quadri. Comunque. Inutile pensiero, visto che non c'é manco la casa. La Specola come al solito commuove e affascina, mi ritrovo sempre a pensare ai tassidermisti alle prese con le pelli di animali che non avevano mai visti e con il dilemma di dovergli dare una forma, le persone che nell'800 entravano a vedere quelle cose sconosciute e strane, mi fan tenerezza quelle bestie impagliate con le cuciture minuziose, i pesci passati sotto a una mano di gommalacca o di anilina per mantenerne i colori, alcuni parevano fatti a porporina argento, rilucevano di alluminea (neologismo) spentezza (rineologismo). E poi i barattoli di formaldeide con le ranocchiette i girini le salamandre e l'axolotl, tenero eterno bambino. E quelli che non guardo mai con quei vermacci bianchi e grassi schifosamente inerti. La tenia, che grazie a Antonio Moresco legherò per sempre alla Callas e viceversa, ahimé. I bradipi, il cinghiale, i pangolini. Il dente di narvalo, che generò il mito dell'unicorno. Il cranio dell'elefante, che creò quello del ciclope. E poi la sezione ornitologica. Ma più di tutto, le cere anatomiche. Forse la prima volta mi impressionarono un po' quegli sbudellati, scuoiati, sezionati. Ma non c'é da fare grandi voli, li riduco ad oggetti, seppur nati dallo studio e dalla manipolazione di tanti e tanti cadaveri. Sono i modelli, creati da mani sapienti sotto alla guida dei medici. Cere, terre, dosi da rispettare, tempi di fusione e tecnica prima di tutto. Poi la conoscenza del medico che guida la disposizione degli organi, li accosta, li aggiusta di posizione. Uno dei modelli ha un errore, il diaframma è pressoché all'altezza del cuore. La guida spiega che forse era una malformazione del cadavere preso come modello, probabilmente proprio la causa della morte o forse uno sbaglio di chi lo ha fatto perchè in quel momento il medico era assente. A guardare la cura con cui sono rifiniti e immaginando il lavoro immane di costruire e creare quegli splendori mi chiedo se la gente abbia un'idea di cosa significhi fare le cose con le mani, di quali siano i tempi. Di quanta esperienza serva. Di quanta lentezza e paziente concentrazione fossero capaci gli uomini che hanno lavorato lì dentro. Prima di iniziare la visita la guida ha fatto scegliere ai genitori dei bambini più piccoli se portare i pargoli a vedere le cere o no e ho ricordato il terrore che provai a vedere le mummie. Mi sono chiesta se la notte i bambini avrebbero avuto degli incubi. Poi non ce l'ho fatta più e il digiuno andava assolutamente interrotto. Una lunga camminata fino al Temple Hot Dog per un doppio cane caldo e una ciambellina. E questa mattina mi sono svegliata all'alba dopo un sogno bruttissimo. Io. Io, non i bambini. Io. Molto tempo fa avrei dato la colpa agli scuoiati, ai Donuts, agli hot dog. Ora non me la racconto più. Perché quel peso ce l'avevo già ieri mentre guardavo la banda in Piazza San Marco, mentre accoglievo i signori nella Suite, ce l'avevo mentre guardavo i cristalli, che mi pareva di avere uno di quei malloppi nello stomaco, una formazione trovata in qualche miniera esaurita. Quando stai bene puoi mangiare come un lavandino, al più dormirai agitata, ma sognerai cose belle. Trovo di aver fatto un passo avanti, ma per adesso poco mi serve, non basta a lenire il dolore dello scuoio. Di cui non trovo più la definizione. Era da qualche parte nella vecchia cella 19 ed é opera di Led.

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