martedì 14 aprile 2009

Tempo.

Dopo quindici giorni di dieci o più ore al giorno domani avrò tempo. Avrò tempo per riempire le ore di tutto ciò che mi riguarda e così neppure domani sarà riposo. Scrollo le spalle, non mi interessa, sarà tempo mio e fin quando reggo andrò così, migliorando il possibile, se possibile. Non ho più altro ma ho avuto già abbastanza vacanze, sapevo dove sarei tornata, avrei dovuto già tornarci prima, semmai. Anelo il cuscino e quasi sonnecchio mentre aspetto le otto e mezza per inforcare Arthur e pedalare piano verso casa. La pettata del Ponte del Pino ogni sera più ostica mi fa ridere mentre arranco sotto gli occhi sbalorditi degli automobilisti, vorrei dir loro che è normale, vedete voi quanto son consumata e a buio le gambette pesano, e poi basta cantare qualcosa di giusto e le ruote girano anche se al rallentatore... Domani sarà tempo mio e penso a quanto posso infilare in quelle ore, appuntamenti, doveri, svago, soprattutto quella colla di coniglio lasciata all'aria. Mi chiedo cosa stia facendo quella donna che è partita. Non riesco a saper tutto, ma qualcosa sì e allora la lascio in sospeso, cullata dalle onde placide. So che spesso la notte guarda il cielo e vorrebbe tornare, vorrebbe tornare, vorrebbe ancora. Ma non ritorna e scrive e guarda sempre lontano. Ad ogni attracco raccoglie un sasso. Scrive a quell'uomo rimasto al telaio, racconta, ricorda, chiede. Piega quei fogli vergati con amore e li avvolge con cura intorno ai sassi, guarda le lettere scendere e sparire nella profondità dell'acqua scura.

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