mercoledì 15 aprile 2009

Storia stanca che non mi convince.


La osserva da tempo il signore seduto di fronte e silenziosamente le porge un fazzoletto. La donna con gli occhi arrossati ringrazia muta e quasi si scusa con un sorriso timido. Si asciuga le lacrime, si soffia il naso, smette di guardar fuori e trova la voce per ringraziarlo. Il posto vuoto accanto a lei è rimasto intonso da quando lui è seduto e l'ha vista rispondere a tutti quelli che chiedevano se fosse libero "No, è occupato". Ma nessuno è tornato dal fondo del vagone a reclamarlo. E lei ha viaggiato accanto a un posto vuoto nel treno affollato, sotto gli occhi del signore di fronte. Che ha accettato il gioco e se ne è fatto complice rispondendo anche lui alla stessa maniera a chi ha chiesto di poterlo occupare. E' stato quello che l'ha fatta piangere in silenzio, ne è quasi certo. Veder smascherata la propria attesa vana. Quando il treno si ferma di nuovo e salgono i nuovi passeggeri il signore cerca gli occhi della donna e appena una voce chiede se il posto sia libero risponde lui per lei, alzandosi "Mi sposto io, prenda questo." ed occupa il posto intonso senza guardarla più. Il treno viaggia, si riempie, si svuota, il paesaggio cambia, la luce anche. Dopo molto tempo passato vicini il signore si alza e riprende un posto qualunque di quelli liberi di fronte alla donna, che smette di tenere gli occhi chiusi e lo guarda. Non ha negli occhi la vergogna di un gioco puerile o rabbia per esser stata scoperta o riconoscenza per quel che ha fatto il signore per lei, ha la limpidezza di chi ha scelto sapendo che altro non potrebbe scegliere. Tira fuori dalla tasca interna della giacca un origami, un uccellino fragile che appoggia in grembo "Che male c'é ad aspettare? Lo so che non tornerà più, ma il posto non è libero, per me. Lui è sceso, non so più quando. Salimmo insieme, io convinta che avremmo viaggiato uniti. Pensavo che se un giorno avessimo voluto cambiare meta avremmo semplicemente incrociato gli sguardi, ci saremmo capiti e avremmo scelto insieme un'altra rotta, perché immaginavo che i compagni d'avventura valgono tanto quanto la meta stessa e forse più. Così credevo io. Invece a volte ci si affianca solo per non stare soli in un cambio di treno, ma il nostro viaggio lo vogliamo fare senza fardelli e chi ci è accanto è soltanto compagnia. Roba che tanto varrebbe prendersi un cane, verrebbe da dire. Invece a volte ci vuole un amore. E poi si scende e lo si lascia allontanarsi, guardandolo dalla banchina. Io non lo so quando è sceso, di certo era già lontano anche quando sedeva qui. Guardava fuori dal finestrino e non parlava più, era già altrove e quel mio senso di impotenza era incolmabile. Forse restava per non farmi soffrire, forse perché non sapeva come scendere. Gli dissi scendi, se vuoi. E scese, senza indugi, come liberato. Mi ha lasciato il suo biglietto e questo posto vuoto. Tanti anni fa avrei fatto sedere un altro in questo posto vuoto, avrei forse arrotolato il biglietto e ci avrei tirato su un bel po' di roba o ci avrei fatto un filtro per un'altra canna. Oggi non più, non so che fare e mi limito a continuare il viaggio, senza sapere dove vado. Col biglietto che mi ha lasciato ho provato a fare altro, a farne qualcosa di bello. Perchè quel po' d'amore non sia buttato via. Io lo so già che non risalirà più, per quante stazioni io possa attraversare, perché non ha tenuto il biglietto."
L'uomo ascolta guardando ora l'origami ora le belle mani della donna. Vorrebbe dirle qualcosa, pensa che potrebbe stupirla, dirle ad esempio di scendere insieme, di cambiar treno, di guardare insieme una cartina per cercare una meta comune. Ma il posto vuoto attira il suo sguardo e capisce che anche se si mettesse su quel sedile sarebbe sempre in un posto occupato.
La donna sorride come intuendo le sue intenzioni taciute "Non ho più fretta, sono solo scelte. Forse io non volevo vedere che anche lui aveva accanto un posto vuoto, forse potrei cedere il posto ad altri anche migliori di lui ma ho scelto di proposito questo mio ruolo solo perché non son capace di cambiare o sono troppo pigra per esser felice. O troppo triste per pensare ad altro, per adesso."
Il signore annuisce, si alza, prende la borsa e ne tira fuori un libro, lo porge alla donna e la saluta. Il treno si ferma e il signore scende.
La donna accarezza quel dono rigirandolo tra le mani, lo apre, si mette a leggere.
L'uccellino di carta muove le ali, spicca il volo e scompare.

1 commento:

  1. a me la tua storia ha colpito proprio tanto:
    l'ho letta persino cinque volte e ogni volta mi pare di capire qualcosa di più.

    olgaolgae

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