sabato 11 aprile 2009

Movimento.

Rincorro il giorno, mi sposto nelle ore non lasciando più spazio all'inedia e non rimando e consumo, brucio, esaurisco. Telefono, cerco, fisso appuntamenti, accolgo, pulisco, organizzo, saluto, riordino, consulto, appunto, chiedo consigli, spargo la voce, insinuo proposte, provo, tento. Rientro e crollo. In tutto questo fare forse sembra che tutto si muova, invece penso che forse no. Tutto il fuori mi si muove intorno e lo faccio muovere io, ma guardo il tutto come se fossi in uno scafandro. Tristezza contingente, insoddisfazione e costante sofferenza, senso di fallimento interiore partorisco storie grigie che non mi accontentano e che decido di non scrivere. Immagini lise e perdenti e facilmente accattivanti. Troppo facile, non mi bastano. Storie senza fantasia, danze fiacche intorno al vecchio che non ho voglia più. Tutto è fermo, perché dentro nulla si muove o nulla trovo. Mi illudo, ma io lo so. Il cambiamento vero non è in una casa o in un'altra, non è in una nuova cella, nè in altre due ruote. Sarà in quella doratrice nuova che salterà fuori e ancora invece non esiste. Faccio tutto quel che devo fare, perché so che serve e che devo, ma lo stesso non sono felice né appagata. Soltanto stanca e incazzata. Mi manca il convento, mi manca il fare, odio aspettare nel nulla dei pomeriggi senza prodotto che generano solo falsi fantasmi e pensieri storti e dolorosi. La colla con cui abbiamo siringato Gregorio sarà andata a male con questo caldo e non ho più avuto tempo di andare a buttarla via o a vedere il risultato di tutte quelle iniezioni. Il mio star bene rimane legato a quelle azioni che danno un oggetto che ha odore, forma, consistenze e materiali. E a quei rapporti che hanno voce, occhi e profumo.

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