mercoledì 19 giugno 2013

Fare.




Fare. Fare è bellissimo. Da sola, sabato sera che diventa sabato notte, fare. Con la meraviglia di non saper più precisamente quanto tempo ci voglia a far le cose per bene, con le mani, con la soddisfazione di vederle uscire come le immagini. Creare. Dare forma. Un po' lottando contro il tempo, che ogni cosa vorrebbe un'attesa e devi rispettare i materiali prima dei tempi di consegna. E sembra che tutto esploda, che sia il caos, che non sarà mai finito in tempo e mai come deve essere. E piano piano invece arrivi in fondo e tutto si è mescolato fino a tornare a posto. Tutto è come doveva essere. E dentro c'è andato tutto, il materiale e l'invisibile, il presente e il passato. Vorresti raccontare a chi riceverà la cornice che in casa sua stanno entrando anni di esperienza e di vita e di rapporti, il gesso dato in cantina, l'ammannitura raschiata nella forra a Lastra a Signa con la Bessie che veniva a vedere se c'era un po' di brioscina, la pietra passata sul primo argento nel conventino vecchio, in quella stanza riordinata e restituita all'uso dopo anni di abbandono. E le patine trovate insieme a Gregorio, nel suo angolo a vegliare. E che tutto questo si è rifatto vivo nella sera mentre lavorando ascoltavo Sixto Rodriguez, come presenze si mettevano in fila mentre pescavo le foglie e le stiravo con un soffio sul cuscino. E quando la mattina dopo riprendi da dove hai lasciato è come non aver dormito ma essersi solo ricaricati un po'. E ti andrebbe una colazione al bar ma non vuoi lasciare, hai il tuo ritmo e la cornice è grande, richiede tempo. E poi è finita. La guardi ed è finita. E pensi che devi spedirla e mandarla via sola. Ti prende una vertigine. Pensi che arriverà in una casa dove non sei mai stata, dove non sanno niente e non sai neppure bene cosa si aspettano. Perchè parlarsi al telefono o scriversi non lascia passare che qualche briciola. E ti assale l'ansia che non vedano, che non capiscano. E allora ti siedi. E capisci tu. Capisci che in quella cornice c'è tutto, il passato e il presente. E proprio perchè c'è tutto non puó esser meglio nè diversa. È perfetta, perchè è la somma di tutte quelle fatte finora. Ed ha sapore, ha un'identità. È fatta a mano, da una persona che mentre lavorava ha pensato, si è divertita, ha patito, si è preoccupata. Ha riflettuto e ha avuto pensieri d'amore, ha immaginato e ha valutato le dosi. Chi l'ha scelta, l'ha scelta per questo, in quanto unica e irriproducibile. Ti spiace un poco averla imballata senza averci messo un timbro, un nome, un'etichetta. Ma serviva aiuto per fare quel pacco enorme e quando chiedi tempo a qualcuno per darti mano non puoi star lì a fare i balocchi, a disegnare etichette. Mi assegno un voto bassissimo in storytelling management e in brand reputation. Io sono un'artigiana, del resto, mica un'artista.

6 commenti:

  1. Fare con le mani una cosa che ti piace e ti assorbe è bellissimo, ti porta fuori dal tempo, fuori di te e dentro di te allo stesso tempo. Capisco.
    Mi viene da chiedermi, in quello che faccio, c'è questo fare?

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    1. Io credo di sì. Quando fai il pane, ad esempio, come ti senti? non è un po' così?

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  2. E' il vedere il gesto proprio mentre lo compi che cambia tante cose

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  3. E' vedere il gesto proprio mentre lo compi che cambia tante cose.

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