giovedì 22 marzo 2012

Una goccia di Torino.


Avrei dovuto prendere la metro. Veloce veloce buttarmi nella città appena assaggiata. Passeggiare di nuovo sotto ai portici, respirare ancora un po' di quella discreta eleganza. Che in una passeggiata serale non è che ci sia entrato molto. 
Appena un giretto, un'occhiata alla Mole. Giusto il tempo per accorgersi di qualcosa per cui troviamo un solo nome: identità mantenuta. 













Ovunque sentore di "cura", pulizia, rigore. Atmosfera francese. Nella sera sfavillante di luci e pioggia il sapore d'altri tempi degli sporti in legno, dorature, insegne storiche. I caffé con le vetrine gioiose, ricche, dolcissime. Mai visto prima un McDonalds come quello intravisto a Torino. Impossibile non pensare, camminando, a Firenze. Firenze invasa dallo sporco, senza più mescite e vinai, senza più friggitorie, invasa da negozi e negozietti che smerciano cineserie, supermercati pachistani o da grande distribuzione. Torino, elegantissima. E dai, prendi la metro, vai a vederne ancora, di giorno! Ci sono i musei, le mostre, l'architettura! Invece no. Non piove. Torno nel verde. 











Mi riempio di prato, di rami che disegnano il cielo. Nessun rumore, nessuna fretta. Camminatori, qualcuno che corre. Il rumore del traffico è lontano e lo porta un ventolino appena freddo. Vicino, mentre una campana scandisce il mezzogiorno, pensionati discutono di calcio. Il cartellone del canestro rimbomba ad ogni tiro, il rimbalzare della palla scandisce il tempo. Grosse cuffie sulle orecchie, vestiti ampi, gioca, in lentezza. Tutti passano e ripassano più volte, fanno esercizio. Anche la signora che spinge la carrozzella è al terzo passaggio. I pensionati continuano, si scaldano, si lamentano. C'è un percorso che si chiama Miglio Rosa, una specie di percorso sicuro dedicato alle donne. Mi affiancano e passano chiacchierando. Ascolto i loro discorsi a stralci, ne prendo pezzi, le sbircio e ne rubo i sorrisi, le espressioni. Come cogliere fiori. Quando vado a sedermi caccio fuori il quadernino, prendo appunti, pianifico, provo a connettermi al wifi. Poi mi arrivano accanto quattro giocatori con un  grosso mazzo di carte. Non disturbano, ma mi distraggo. Non scrivo più, inizio a sentire appetito. Faccio appena due passi e c'è un posticino molto carino. Di giorno ristorante, di sera circolo. Mi piazzo accanto alla finestra, in una spera di sole, vicino a sedie e seggioloni. Ci sono un paio di divani, un biliardino (che poi sarebbe un calcio balilla, ma io l'ho sempre sentito chiamare biliardino). Un buon risotto, un buon caffè, un dolce ottimo in buona compagnia. Torno fuori poco prima che chiudano, mi trovo una bella panchina dove batta il sole. 



Medito sulle mie scarse doti di intraprendenza, sulla mia mancata esplorazione cittadina. Guardo il cielo, ascolto, mi sento immobile, qui e ora e niente altro, molto zen o forse solo senza alcuna vitalità, solo un arredo urbano. Io sono una panchina. 

8 commenti:

  1. Ora ho capito perchè qui vicino rubano le panchine, perchè pensano che siano te...se fosse così le ruberei anch'io, ma non le metterei in giardino, lo so io dove le metterei!!!!!

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  2. Mi è piaciuto molto questo tuo giro per Torino, sia per come scrivi sia per come la racconti. Ci sono stata un paio di volte in velocità e mi è rimasta la voglia di visitarla per bene, magari con lo spirito di Pavese come guida...

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    1. Con tutti che mi dicono sempre Uh, Firenze! io rimango interdetta e rispondo Ma quando mai, Firenze è sporca e lasciata andare, ci sono città, come Torino e Trieste, che invogliano a viverle, a godersele.... Sì, meritano lunghe lunghe passeggiate!

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  3. uh, l'avevi presa, la metro allora.. Da torinese ti dico che il sentore di cura è farlocco. Splenderrima città, che amo, ma pulita proprio..mmmm.. Però contenta, persino orgogliosa, che ti sia piaciuta.

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    1. eheheh no, niente metro, hanno dovuto sbarbarmi da terra e portarmi là per una serata ;)

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  4. Amo molto Torino, anche se ne ho pochi ricordi sfuggenti di visite a parenti fatte da bambina, ho un quarto di sangue di quella città. Ho provato a tornarci più volte ma un po' congiunture astrali avverse, un po' "tanto è vicina ci vado quando voglio" non ho mai fatto una vera visita approfondita, ma prima o poi ci torno e mi perderò a camminare a testa in su' :)

    Ma quel dolce è il bunet?

    Bel racconto emotivo, ciao!

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    1. E' proprio il bunet e l'ho scoperto per caso (avevo detto sì al dessert sentendo l'accoppiata con salame di cioccolata)... Soave!

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