martedì 13 dicembre 2011

Miracoli.



Leggo analisi e dissezioni, pareri discordanti, mi chiedo io che cosa ho guardato per tutto il tempo che mi son goduta il porto e gli interni vintage di Le Havre, il vicolo col cancelletto colorato, i silenzi e le facce dei personaggi sconclusionati, poetici e sempre... come dire...  gentili e dignitosi, ecco. Il film di Kaurismaki, al di là del fatto che nel coro c'è un ragazzino arrivato nella pancia di un container, mi pare parlare non tanto di un problema preciso o di voler fare un'analisi del problema migranti o clandestinità, ma mettere in scena una coralità dove si intrecciano tutte le storie che ruotano intorno a un personaggio, che è Marcel Marx. Il tema trattato "in generale" direi che è quello del diverso; diverso perché malato, perché nero, perché sbirro, perché clandestino, perché povero, perché delatore. Diverso inteso quindi in senso più ampio, come tutti quelli che facilmente vengono tenuti al margine della società. O ancora meglio, essendo così vasto il campo, potremmo dire che finisce semplicemente per trattare il rapporto con l'altro da sé. E mostra come nella piccola comunità coesa e complice, sia possibile assistere al miracolo di una solidarietà concreta, semplice e caparbia. Dove si salvano tutti, anche chi sembra che venga trascurato. Mi ha fatto ricordare il film Welcome, che raccontava con crudezza una storia simile senza lieto fine e che all'uscita del cinema ci aveva mollati lì per strada morti nel cuore. Il cinema è cultura e conoscenza. Il cinema può far conoscere realtà diverse e anche crude.  Sicuramente il cinema non ha risposte materiali, suggerimenti materiali alla risoluzione dei problemi,ce li può solo raccontare. Ma non deve fare solo informazione, o diventa documentario. E può scivolare in messaggi controversi. Kaurismaki sfugge a questo rischio mettendoci la sua poetica sbilenca, quegli ambienti d'altri tempi che non sai se vogliono portarti in un altrove temporale o semplicemente mostrarti l'immutabilità della miseria che resta incatenata al secolo precedente fino a ritornar di moda. I suoi personaggi silenti e misurati che sembran sempre stare un passo indietro e misurare i gesti per non invader spazi vitali che non li riguardano. Un'umanità non becera, elegante interiormente. Al giorno d'oggi anche trovare questo è già un miracolo.

1 commento:

  1. Anche a me è piaciuto molto. Per questa sua dolcezza con cui tratta i personaggi che non supera mai il confine del mieloso, come una dolcezza fredda, del Nord, un po' ingessata ma evidente.

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