giovedì 20 ottobre 2011

Colori.


Quando i cambiamenti sono improvvisi ci vuole tempo per mettere a posto tutti i cubetti, è come traslocare con il teletrasporto. Fulmineo e indolore. Ma una volta nel tutto nuovo c'è bisogno di tempo per mettere a posto tutto. E il tutto come era non esiste più. Con il tempo prendono forma le trasformazioni. E adesso, in questo momento di passaggio o già passato, è tutto strano. Faccio finta di niente, mi alleno all'aplomb, poi quando salgono le ansie mi fermo e prima che trabocchi il troppo pieno.... Cammino.
Sono uscita in un'aria strana, con il sole spalmato sui muri che diceva primavera, le foglie brillanti e il cielo nero in sottofondo. Era così nitido il contrasto tra i chicchi di sole e le ombre nere che tutto sparluccicava e quel verde oro e argento e bianco mi han fatto pensare che era un tardo pomeriggio glitterato. Ho passeggiato, nella città tornata piccola. Si è ridotta l'area di spostamento, il pomodoro necessita di un ripescaggio bruto e intanto cammino e annuso e guardo. Passo sui marciapiedi soliti, scruto crepe, intonaci, segnali. Mi volto appena per tentare di capire la dinamica per cui ci sono auto ferme, in contromano, capovolte, tangenti e combacianti. Sotto le ruote una felpa, pezzi di carrozzeria sparsi, nessuno a terra. Proseguo e guardo. Guardo tutto, perché ho mollato il cellulare, abbandonato spento in un altrove ad aspettarmi. Mi serve ritornare a fotografare con gli occhi, col sentire e tradurre tutto. Perché mi sono persa un pezzo e è un pezzo grosso e devo capire come ritrovarlo. Mi sono persa il corpo, non roba da poco. Allora serve, camminare. Non oltrepassare la linea la gialla, scale, sottopassaggio bianco, pavimento blu, una strisciata gialla su cui cammino pensando allo strano caso del cane ucciso a mezzanotte, scale di pietra bianca, pavimento grigio, scale grige, passerella. Spaziare con lo sguardo sulla ferrovia, pensare a Venezia, al Trentino, a Brescia, alle paure. E poi giù veloce, di nuovo lungo la ferrovia, infilare il viale. Sì, un bel problema, ma non ha senso starci a pensare, il corpo non si ritrova con il pensiero, mi serve il corpo per ritrovare il corpo, è ovvio. E allora cenare e uscire di nuovo, camminare, andare in mezzo agli altri, meravigliarsi, ascoltare, bere parole e immagini. Tornando a casa incontrare il treno, il brillìo delle scie di lumache sui tronchi bui. Lungo la ferrovia le eleganti villette dormono, serrate, dall'altra parte su un palazzone una sola luce accesa. Rallento. Mi piacciono le case di fronte ai binari, son sempre aperte agli occhi, certe finestre, per lampi fugaci di vite altre. E' la portafinestra di una terrazza, è una cucina. Si vede un uomo, o un ragazzo. Una donna arriva, o una ragazza. Si abbracciano, forse si baciano. A vederle in un film, certe cose, sembrano irreali. Cammino verso casa pensando a Kafka,a quello che ho ascoltato, a quello che ho imparato. Mi piacerebbe scriverne, penso. Scrivere, scrivere, scrivere. E il corpo? Ah già, devo riprendermi il corpo. Il corpo mangia. Forse quando le persone sentono di non aver un posto nel mondo, non trovano uno stare, non si sentono risolte, allora mangiano. Mangiano, mangiano tanto, così il corpo cresce e loro possono vedersi, possono avere la certezza di essere nel mondo, perché occupano spazio. Sono difficili, gli equilibri.

6 commenti:

  1. Oh, sono molto difficili gli equilibri e anche molto delicati. Se ti fermi sulla corda va a finire che cadi giù. Se poi sei grasso perchè hai mangiato tanto fai pure un bel tonfo.
    Bè, se dovessi avere difficoltà a trovare uno spazio nel mondo.. prima di finire come zenzero sappi che qui uno spazietto per te c'è sempre.
    HUG.

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  2. "Mangiano, mangiano tanto, così il corpo cresce e loro possono vedersi, possono avere la certezza di essere nel mondo, perché occupano spazio"

    .....come mi rivedo in questa piccola nota....sembra la storia di un pezzo della mia vita.
    Te lo rubo!

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  3. Il corpo ascolta di tutto, a volte s'ingolfa, a volte ingrassa o smagrisce. Dipende da ciò che gli viene raccontato. A volte ci sono storie carine che non gli danno il tempo di ingozzarsi, in certi casi invece le storie sono così insulse che lui si consola mangiando, mentre ascolta distrattamente.
    Ma la verità è che spesso siamo noi a non saperlo ascoltare, trattandolo come una madre anaffettiva tratta il proprio figlio.
    Insomma il corpo vuole idee meravigliose che lo spingano a nutrirsi ed a muoversi armonicamente, giusto quanto basta a sentirsi bello.
    :-)

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  4. Ladò ma è bellissimo quello scatto!
    E riguardo al resto: mi raccomando, non dimenticare di mangiare, che con la pancia piena anche lo spirito si sazia un poco.
    Quando racconti male la tua vita così bene mi pare di camminare lì con te per le strade della città tornata piccola.
    ...e non posso fare a meno di pensare alla difficile esistenza di quei poveracci le cui finestre si affacciano sui binari, e ai loro sonni turbati dal passaggio degli Intercity Frecciablù notte!

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  5. Mi mancava da un po'. Grazie per avermi portato con te, per i passi fatti insieme, e i pensieri che mi hai raccontato.

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  6. Oh voi. A me mi fate bene. Ho anche smesso di rimpinzarmi.

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