lunedì 20 giugno 2011

Legami.


L'estate è arrivata, si può dire, perché ci son sagre, feste, profumi; e ci sono i riccioli alla finestra del mio amico che telefona sempre ignudo da sotto alla gronda; e son tornati i rondoni. La luna regala uno spettacolo rosso e tendo le antenne all'ascolto del corpo, cercando i risultati di questa cura. Mi arrendo al marasma che in questo momento confonde il corpo con il pensiero con i rapporti e le contingenze. Un labirnto da cui al momento non ho gambe per uscire. Mi siedo e infilando perline per farcire lampadari sciorino i nodi che restano tignosi ed altri ancora me ne fanno notare. Ma io cerco e cerco a modo mio, ascolto, incasso e infilo perline, poi mi riassesto su cosa sento io e cosa voglio io, che non c'é scritto da nessuna parte che le cose devono essere per forza sempre uguali per tutti. Sto cercando delle separazioni, e provo. Perché forse io non ho neanche ben chiaro cosa voglio, io. Che cosa sono. Forse ho da essere altro e lì starà la leggerezza. Forse sbaglio, che non esistono gradi di separazione ma solo separazioni avvenute o meno. Tutto è come in dubbio o forse no, è solo da agire. Capitano cene degne della verandina a Marinella, sciauro di triglie che porta a Vigata e che si mescola al gelsomino, alla gardenia, agli occhi belli. La musica chiama e mentre la strada regala vedute da quadretto ricordo, con le vigne, i cipressi sulle colline morbide, colori vivi di verde e ocra e panorami ondulati, un cartello marrone fa saltar su dalla memoria una vignetta. E allora si fa una deviazione sul percorso, che se Pazienza riteneva degno quel luogo di essere insegnato a suo figlio allora andiamo a vederlo. Mentre passeggio nel silenzio dell'abbazia, tra le colonne che di trasparente in questa luce non hanno niente, ho come l'impressione che anche i ragazzi che si stan guardando intorno dietro all'altare sian qui per lo stesso motivo e un po' gabbati, per questo. Poi un giretto tra il verde e gli ulivi, il silenzio e una comitiva che arriva con coperte e bottiglie a fare picnic nel bel prato ombroso dove si aggira un gattaccio bianco e aguzzo. La festa della musica ci aspetta e così si riparte, immaginando folla, banchi di cibi arrostiti e fumi da acquolina, viavai, rumore. Ci accoglie Montalcino silenziosa e pensiamo di aver sbagliato qualcosa. Niente banchetti della fiera, non c'é caciara, solo uno struscio pigro da domenica sera. I palchi ospitano musicisti più numerosi degli spettatori, le prime note a dare il benvenuto cantano Sola me ne vo per la città, una passeggiata in salita e in discesa, case del borgo e fiori sui davanzali. Un tavolo nascosto, lenticchie in insalata frizzante, una gustosa faraona al limone e poi si scioglie in bocca una pera al moscadello. Un calice di Brunello e si riemerge. l palco ospita una violinista irlandese con un pianista americano. Signore accennano una giga, pian piano tutti vanno, anche i due bravi musicisti. Restiamo in dieci, diciamo quindici compresi gli addetti al palco e alle note. Un soundcheck faticoso, dalla piazza accanto arriva un tango invadente che disturba i suonatori. Riccardo Tesi e Maurizio Geri sembrano durare un attimo, facciamo in modo che ci accompagnino sulla strada del ritorno. Ringraziarli è doveroso, prossimo appuntamento a San Salvi per Ferragosto.

3 commenti:

  1. Mi piace questo volo da Montalbano a Montalcino. Salvuzzo non avrebbe apprezzato a dovere lenticchie e faraona, peccato... per lui solo purpiceddri e spaghetti allo scoglio, e, al massimo, caponatina!

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  2. O ciccina! Vediamo di organizzare una visita tra donne allo studio, che già il primo assaggio brasileiro non era male!!

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  3. che ingiustizia. :(
    per te sant'antimo significa un posto magnifico.
    per me sant'antimo è solo uno sqallido comue dell'hinterland napoletano.

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