Le serrande abbassate sbatacchiano. Il rumore del vento che sempre mi ha innervosito mi fa sorridere. Perchè evidentemente ho portato a casa una guantiera di dolcetti della pasticceria Pirona, una teiera in ghisa, un tè oolong, foto, filmini e anche un po' di bora, che oggi ha soffiato a 147 km/h e ha stabilito un record. E infatti niente passeggiata Rilke, anche se con tutto quel che ho mangiato la zavorra non sarebbe mancata. Ljubljanska, Liptauer, strudel, crauti, patate in tecia, goulash, bollito e poi birra e le soste per un nero, un tè bio, un rinforzino... Sono rimaste fuori dal ruolino di marcia diverse cose nonostante il ritmo serrato e anche quelle viste avrebbero meritato più tempo. Ho preso appunti per film, libri, approfondimenti. E non ho nutrito solo il pancino, ovviamente. Arte moderna, castelli, palazzi, mare. Scarpinare controvento, imbacuccata sotto strati e strati come un cipollone. Il sole brillante sul mare turchere spazzato dagli spruzzi d'argento. Tutta l'aria respirata resta come strozzata in gola, soffocata nella claustrofobica angoscia della Risiera di San Sabba. Il vento sferza il piazzale e porta via le corone. Nella sala i disegni di Nereo Laureni e le parole di Guareschi raccontano di Oflag e Stalag e impressiona la forza dell'ironia, la resistenza dell'animo umano che deprivato di tutto scambia il pane con carta da lettere o fogli bianchi per poter disegnare. Guardo, leggo, roba pesante che fa da contrappeso alla leggerezza delle giornate spese, come i carrelli che trascinano il tram che sale ad Opicina. Del forno crematorio resta solo l'impronta, le camere a gas qui non esistevano, bastavano i furgoni accesi in un ambiente chiuso o per giustiziare i prigionieri una mazza di ferro, metodo da accabadora che ha invertito i propri valori. Il filmato cita i processi che si sono svolti per la Risiera, nel 1976. Io a scuola ci sono andata dopo, ma mai qualcuno ne ha parlato, anzi, ribadivano, lontano sì, ma queste cose in Italia no, mai. Ci avesse fatto pregare meno forse la maestra avrebbe avuto il tempo di dircelo, che pure qua. Alla fine mi sono incazzata. Facciamo finta sia il vento.
martedì 1 marzo 2011
Rientro.
Le serrande abbassate sbatacchiano. Il rumore del vento che sempre mi ha innervosito mi fa sorridere. Perchè evidentemente ho portato a casa una guantiera di dolcetti della pasticceria Pirona, una teiera in ghisa, un tè oolong, foto, filmini e anche un po' di bora, che oggi ha soffiato a 147 km/h e ha stabilito un record. E infatti niente passeggiata Rilke, anche se con tutto quel che ho mangiato la zavorra non sarebbe mancata. Ljubljanska, Liptauer, strudel, crauti, patate in tecia, goulash, bollito e poi birra e le soste per un nero, un tè bio, un rinforzino... Sono rimaste fuori dal ruolino di marcia diverse cose nonostante il ritmo serrato e anche quelle viste avrebbero meritato più tempo. Ho preso appunti per film, libri, approfondimenti. E non ho nutrito solo il pancino, ovviamente. Arte moderna, castelli, palazzi, mare. Scarpinare controvento, imbacuccata sotto strati e strati come un cipollone. Il sole brillante sul mare turchere spazzato dagli spruzzi d'argento. Tutta l'aria respirata resta come strozzata in gola, soffocata nella claustrofobica angoscia della Risiera di San Sabba. Il vento sferza il piazzale e porta via le corone. Nella sala i disegni di Nereo Laureni e le parole di Guareschi raccontano di Oflag e Stalag e impressiona la forza dell'ironia, la resistenza dell'animo umano che deprivato di tutto scambia il pane con carta da lettere o fogli bianchi per poter disegnare. Guardo, leggo, roba pesante che fa da contrappeso alla leggerezza delle giornate spese, come i carrelli che trascinano il tram che sale ad Opicina. Del forno crematorio resta solo l'impronta, le camere a gas qui non esistevano, bastavano i furgoni accesi in un ambiente chiuso o per giustiziare i prigionieri una mazza di ferro, metodo da accabadora che ha invertito i propri valori. Il filmato cita i processi che si sono svolti per la Risiera, nel 1976. Io a scuola ci sono andata dopo, ma mai qualcuno ne ha parlato, anzi, ribadivano, lontano sì, ma queste cose in Italia no, mai. Ci avesse fatto pregare meno forse la maestra avrebbe avuto il tempo di dircelo, che pure qua. Alla fine mi sono incazzata. Facciamo finta sia il vento.
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In questa descrizione di Trieste mi ritrovo molto. Manca il pezzo con l'uomo dai molti gin tonic e la vespa azzurra. Per il resto mi hai riportato lì.
RispondiEliminaGrazie
Trieste è stata la meta del nostro Capodanno, ci abita una delle mie più care amiche e ogni volta mi sembra nuova, diversa e sempre bellissima. Anche noi quest'anno siamo stati a San Sabba, in un primo gennaio freddissimo ma lì ancora più freddo. Ma c'era molta gente ed è stato bello sapere che anche il primo dell'anno erano in tanti a ricordare cosa è successo lì.
RispondiEliminaOw! Dev'essere stata una "gita" davvero pregna...riesco a malapena ad immaginare.
RispondiEliminaPerò, lascia la bora là e te la ritrovi qua, hm?
Bella la Trieste raccontata dalle tue parole. Vera e giusta la storia che racconti. E' vero, la scopriamo solo ora, ora che hanno voluto, come dazio, che si festeggiasse il giorno del ricordo. Brutta, bruttissima la storia delle foibe. Ma una cosa è lo schiaffo che si da, un'altra lo schiaffo che si riceve per averlo dato...
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