sabato 3 luglio 2010

Febbre.

Che non stessi benissimo avrei dovuto capirlo già giorni fa. Guardando una bottiglia di shampoo con scritto For nordic hair ho pensato Per capelli nordici, che saranno mai i capelli nordici. Poi immagini di capelli biondi, fini, forse fragili e via giù scendendo geograficamente capelli forti, riccioluti, neri, crespi. Però anche se fanno uno shampoo per capelli nord-ici non posson farne uno per capelli sud-ici, ho pensato, sarebbe lapalissiano. E poi la febbre, dolori, rantoli e deliri e ghiandole gonfie come susine, piangina e deperimento. In tutto questo, sogni. Incubi. Di quelli che fai ripetutamente ma che ricordi di averli fatti solo quando svoltano. E così da dietro al cancello del cortile da casolare IACP della mia via, nella notte, invece dei soliti mici randagelli mi fissava una enorme pantera nera, balzata lì al mio arrivo. Come ad aspettarmi, senza perdermi di vista un secondo. Decisa. Determinata. Occhi negli occhi. Era lì per me, anche se c'era qualche altra persona. Incapace di una voce, un grido, un movimento l'ho vista balzar sul muro e non ho saputo fuggire, nemmeno ci ho provato, sapevo che aveva da esser così, quasi rassegnazione. E distratta dal mio gatto che fuggiva ho perso l'attimo, mi son voltata di nuovo e la pantera era sempre sul muro ma dal mio lato del cancello. E con un balzo potente mi è arrivata addosso. Quando ero piccola facevo spesso sogni del genere. Da grande sorridendo li ho etichettati come una cosa buffa, le mie paure irrazionali di bambina. A ripensarci adesso con tutto quello che so di non sapere, mi vien da pensare che tutti quegli animali feroci che mi aspettavano in agguato nelle stanze di casa non erano che i cambiamenti. Cambiamenti sempre temuti, a volte per questo rimandati troppo a lungo. E come una trasformazione avvenuta, un cambiamento realizzato a volte fa sognare una nascita, forse un cambiamento disatteso può trasformarsi in una morte in agguato. La necessità di staccarsi da un vecchio io che va lasciato indietro per fare spazio a qualcosa di nuovo e vitale. O forse ciò che succede nell'attesa, nel procrastinare. Questa vitalità che muore e che finisce per spengerti ogni difesa.

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