domenica 7 febbraio 2010

Storia della ragazzina loricato.

Imparentata fin da piccola con quegli animali forniti di dentacci e fauci possenti e scaglie coriacee, la ragazzina loricato non si era mai soffermata a riflettere che una funzione quella pellaccia dura doveva pur averla. E soprattutto che ne era fornita lei stessa perché in una inconsapevole visione di sé non se ne era proprio accorta, si immaginava piumata come un passerotto, pelosina come un certosino, calduccia come un coniglietto. Così se ne era sempre andata in giro morbidina, a volte più polposa a volte più ossuta ma sempre lì, pronta a farsi avvicinare fiduciosa. A volte però le sue antennine ancora ingenue si erano ingannate e non erano state sufficienti alla difesa. Così nell'abbraccio qualche bestiaccia aveva sfoderato qualche aculeo o qualche unghione o una zanna sporgente ed era successo che in qualche punto la pelle della ragazzina loricato si era ammaccata, graffiata, a volte ferita. A forza di esaminarsi le ferite e le lividure aveva dapprima scoperto che non era piumata o pelosina ma resistente e dura, e soprattutto che pur essendo un poco morbidina lo era solo fino a un certo punto. Diventata adulta la donna loricato aveva lasciato da parte le idee di piume e pellicce e sfoggiava le sue scaglie lucide e segnate con fierezza. La sua pellaccia sapeva proteggerla, era un ottimo scudo e lei poteva usarla. Aveva imparato anche a dosare bene le resistenze agli impatti e così riusciva a parare i colpi senza rispondere con violenza, perché non sempre chi ha un aculeo ha scelto di farselo crescere proprio nel posto in cui potrebbe ferirti. E così se ne andava in giro sorridente, che aveva ben capito che chi possedeva occhi avrebbe ugualmente visto sotto a tutte quelle scaglie il suo cuore ancora morbidino.