lunedì 14 dicembre 2009

Impronte.

Piove, c'é vento, fa freddo. Domani esco, non mi importa. Mi metto le scarpe, domani. Che alle mie pieghe si stanno aggiungendo le piaghe. Ho voglia di aria, spazio, luce, schifo di città. Di camminare. Forse anche di folla odiosa natalizia. Non ho voglia di scrivere ultimamente. Scrivo e cancello. Che dico troppo o non dico niente. Non ho un privato esaltante da esibire, non ho un punto di vista da elargire. Ho troppo poco per permettermi di sfoggiarlo senza vederne io stessa i rammendi. Mi limito a guardare. Ho avuto tempo. Ho visto tanti film. Anche quel cattivo tenente capolavoro che non mi attirava affatto. Forse dipende dall'immaginario. Abel Ferrara evidentemente col mio non c'entra nulla. A me, che di cinema non mi intendo, lo stupro da videoclip con la suora strafica, la scenetta di sesso con le lesbiche e le siringhe penzoloni dagli avanbracci, mi son sembrati tutti avanzi, la solita minestra di scenette cliché. O forse è l'allergia a tutta quella messaggistica promozionale, il porgere l'altra guancia, il perdono, il pentimento, la redenzione. Ogni volta che sento parlare di perdono mi viene in mente una cosa. Alle elementari avevo in classe una bambina, ma in realtà l'ho conosciuta all'asilo e poi abbiamo fatto anche le medie insieme, per cui credo sia stata anche la mia compagna di banco, la migliore amica ecc ecc ecc. Di sicuro mi legava a lei un cordone ben forte. Abitava di fronte a me, nella casa dove mia mamma è stata bambina e poi ragazza. Questo mi aggiungeva a quell'amicizia un ulteriore senso di appartenenza, di destino. Ricordo una volta che durissima, lapidaria, lei rotondetta e dolce, pronunciò una frase. Epica, direi. Io perdono, ma non dimentico, disse. Forse a me, o a qualcunaltro. Rimasi folgorata dalla perentorietà della cosa. Che già quelli che ti dicono che ti perdonano ti razzolano nella merda e ti guardano dall'alto della loro linda posizione. A questo si aggiungeva il Non dimentico, vale a dire il piedino sul collo pronto a schiacciarti nel fango un altro po' al minimo sgarro. Ti tengon per le palle, quelli che ti perdonano, altro che. Che ti ritrovi in riga a dovertelo meritare, il perdono. Insomma, no. Oltretutto Harvey Kaitel è più bello di culo in Lezioni di piano che nudo bruco sfattissimo. Per dire, io mi sono annoiata e non solo io. Ho anche scoperto Sacha Baron Cohen, di cui ignoravo del tutto l'esistenza e ritrovarmi a guardare Bruno accanto a uno che dormiva senza avere nemmeno un'idea di cosa mi avrebbe aspettato è stato un po' spiazzante. Poi ho imparato che io Tim Burton sì, ma quando cantano no. E poi altri, parecchi, direi, ma sopratttutto stasera Control, la vita di Ian Curtis. Che i Joy Division sì, ovvio, figurarsi, anfibio cresta e a quegli attacchi obbligatorio saltar su e buttarsi in mezzo, ballare e stare un po' nel pogo, che chi resisterebbe, probabilmente sarebbe uguale adesso, anzi lo è perché a ogni pezzo partiva la randola anche durante la proiezione, però questa cosa era come latente all'epoca. C'erano, ma erano storia già passata, era roba da cui ne era già nata molta altra e tutte quelle piattole che avevo intorno se l'erano già vissuta. Io no, arrivavo tardi (come sempre, come in tutto) e non sapevo neanche, forse, cosa valeva approfondire, forse avrò scavato in altro. Erano nel vortice di tanto altro, per me. Avevo un bel daffare col presente, figuriamoci se potevo effettuare un corso di recupero o chiedere ripetizioni. Ho ancora le cassette, lì, probabilmente intonse, che chi aveva tempo mai, poi, di ascoltarli a casa. Per cui roba che sì, c'é, la sai, ma come tutto il resto non è vangelo. E' roba tua, sta sotto pelle a grandi linee. Bianche su sfondo nero, per la precisione. Film bello. Sì. Mi ha colpita il fatto che verso la fine il protagonista è alla tv e dall'inquadratura dello schermo appare Bruno S., lo riconosco al volo. Cazzo. La ballata di Stroszeck. Werner Herzog? E come mai? Ho cercato in rete. Ian Curtis la notte del 18 maggio dell'80 ha guardato proprio quel film e forse come Stroszeck ha deciso di non tornare giù dalla funivia. Ma con tutto questo da dove ero partita? Ah già. Che ultimamente non ho più nulla da dire, magari faccio parlare altro se continuo ad aver voglia di tenere un blog, magari mi torna anche il desiderio di scrivere, vedrò. Per ora ho quasi un rifiuto, sarà che non ho nulla da dire, a parte che domani mi metto le scarpe.

3 commenti:

  1. Fabulous shoes. I have just ordered a calligraphy book by Denise Lach who writes in forms like the soles of these shoes.

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  2. E MENO MALE CHE NON AVEVI VOGLIA DI SCRIVERE

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  3. ma le scarpe sono queste o quelle col tacco?

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