domenica 22 marzo 2009

Il seguito che ho saputo scrivere.

L'uomo uscì dal suo laboratorio prima del solito abbracciato ad un grosso pacco e con l'aria felice di chi porta con sé un tesoro. Chiuse la porta con difficoltà per l'ingombro, ma sorridente di quella soddisfazione che porta il lavoro finito. Facendo attenzione per il peso trasportato andò a consegnarlo alla committente. Quando gli aprì la porta del laboratorio lui vide il suo bel volto passare dall'indifferenza di chi non aspetta visite alla felicità della sorpresa e pregustò l'attimo in cui lei avrebbe capito cosa le aveva portato. Varcò la soglia e appoggiò il pacco voluminoso sul primo piano libero e disse semplicemente "Eccola." Era molto tempo che non la incontrava e si stupì nel vedere che il viso della donna non si illuminava di felicità. Invece di gioire imase chiusa in una scura espressione, solo la voce disse "Grazie." Fu per lui come tornare a terra, dopo aver volato per tutto il tempo in cui aveva tessuto quella stoffa per lei, pensando alla sua barca in mare aperto, al vento che l'avrebbe portata, al volo dei gabbiani che l'avrebbe accompagnata, bellissima e scarmigliata. Invece lei restava contrariata e muta e l'uomo si trattenne appena un secondo in più, giusto il tempo di pensare che forse avrebbe dovuto lasciarla sola con quel desiderio realizzato e non interferire. A volte occorre molto tempo per assorbire la novità, e solitudine. Sarebbe venuto il tempo in cui lei avrebbe avuto piacere di farlo partecipe di ciò che la vela contenuta nel grosso pacco significasse per lei.
Il tempo passò ma non ci furono occasioni per lui di sapere che cosa quella consegna avesse mosso dentro la donna, perché non riuscì ad incrociarla più in nessuno dei luoghi che avevano condiviso. Al principio pensò che lei stesse lavorando moltissimo per terminare la barca, desiderosa di salpare. Forse presto avrebbe incontrato il suo viso radioso. Ma così non fu e lui continuò a tessere e ad aspettare. Poi pensò che forse il lavoro le impediva di portare a termine il suo sogno e tutto era stato rimandato. L'attesa si protrasse e iniziò a farsi insistente. Seduto al telaio l'uomo iniziò a chiedersi se per caso lei non fosse già partita ma non gli parve possibile un abbandono simile senza un saluto. Quell'assenza a qualunque cosa fosse dovuta gli incupiva i colori e intristiva i suoi soggetti. Lei gli mancava e con lei gli mancava l'energia che la forza dei suoi progetti gli trasmettevano. Li intuiva arenati e quell'immobilità lo addolorava. Tutto era fermo. Decise di aspettare ancora il tempo necessario per fare alcuni lavori a cui teneva molto e che poi avrebbe agito e spezzato l'assenza e l'attesa. Si rimise al lavoro e anche i pensieri si distesero e finalmente trovò quiete. Forse lei si sarebbe fatta viva prima, pensò. Poiché così non avvenne il giorno in cui l'ultimo lavoro fu finito l'uomo tolse la stoffa dal telaio con grande cura e sistemò tutto quello che doveva. Poi chiuse bottega e tornò a bussare alla porta della donna. Non ottenne risposta e allora andò fino alla rimessa. La saracinesca era alzata a metà e all'interno stava seduta la donna. Il suo volto era affaticato, e non cambiò espressione quando lo vide. L'uomo ne fu addolorato ma ugualmente entrò e si guardò intorno. La barca era finita. Ancora impacchettata, la vela stava su un ripiano robusto vicino a lei. L'uomo girò un paio di volte intorno a quella creatura fatta di legno e di fatica e poi si fermò davanti alla donna "E' finita."
"Sì, l'ho finita."
"Allora manca solo questa." E così dicendo strappò l'involucro del grosso pacco e accarezzò la stoffa che aveva tessuto "Adesso devi pensare al vento."
Ma la donna non allungò la mano ad accarezzare la stoffa, chinò il capo in silenzio e lui vide che le lacrime le cadevano giù come una piccola pioggia disegnandole tante gocce in grembo "No." gli disse.
"Smetti di piangere."
"No."
"Io ti ho aspettato tanto, non sei più venuta."
"No."
"Adesso puoi partire."
"No."
L'uomo le prese una mano, la appoggiò sulla stoffa e le fece sentire la grana perfetta di ciò che aveva tessuto per lei "Ecco, la vela è qui. E adesso smettila di dire no, hai fatto un grande lavoro, smetti di piangere, non serve a niente. Vieni, stavolta voglio essere io a farti vedere qualcosa."
La donna si asciugò il viso e si soffiò il naso nel fazzoletto che lui le aveva porto, aspettò un po' per far passare la congestione del pianto dal suo viso e poi lo seguì. L'uomo la portò fino al proprio laboratorio. La donna non c'era più entrata da quando insieme avevano montato il telaio e rimase meravigliata di fronte a tutte le stoffe che adesso affollavano le pareti. Su molti dei ricami trovò la propria immagine e questo benché la facesse felice la fece anche ricominciare a piangere, perché in altri aveva intuito altre figure femminili. L'uomo prese due panchetti e la fece sedere lì in mezzo. Le sedette davanti e le prese le mani.
"Ho sognato una volta di tessere con te, ma tu stessa mi hai detto saggiamente che tu puoi fare solo quello che sai e non quello che desidero io. Ti avrei messa al posto di un'altra persona e tu invece ne hai uno ben più prezioso che è solo tuo. Ho tessuto da solo e ho tessuto il tuo volto, pensandoti mentre costruivi la tua barca, fiero dei tuoi progetti in cui c'erano il mare e un viaggio. Parlami. Perché non hai più pensato al vento?"
La donna respirò per ritrovare la voce nel pianto e piano iniziò: "Ho finito la mia barca pensando con gioia che stavi tessendo al mio telaio. Ma a un tratto ho desiderato solo esser lì con te a tessere e di non partire più. Volevo restarti vicino e non volevo perdere i nostri giorni insieme a guardare il mare, i nostri silenzi ricchi di sguardi e quella quiete nel sentirti vicino lì sul molo."
"Ma tu non ci sei più venuta, ti sei nascosta qui e li abbiamo persi davvero, in questo modo. Dimmi del tuo viaggio."
"Il mio viaggio è lungo e so che devo farlo o guarderò sempre all'orizzonte. Ma adesso il mio viaggio mi spaventa e non so più trovare la spinta per partire, perché se prima niente mi teneva qui adesso so che ci sei tu. E io con te vorrei restare."
L'uomo sospirò "Ma forse restare qui e rinunciare al viaggio equivale a quel mio desiderare che tu tessessi con me."
La donna annuì "Sì, lo so bene, è così. Io so che se non partissi, se anche tu mi tenessi con te, io resterei irrisolta e pretenderei da te tutto ciò che avrei dovuto trovare in viaggio. Rimarrei insoddisfatta e finirei col perdermi. E col perderti. So tutto questo, ma mi è tanto difficile adesso separarmi da te. Ho paura che al mio ritorno tu non sarai più qui ad aspettarmi. Che tu tessa il volto di altre donne, che tu mi dimentichi. E so anche che sono false paure, perché anche il desiderio che tu sia qui ad aspettarmi è solo un freno. Partire per ritrovarti qui sarebbe identico ad un viaggio non fatto, perché tutto sarebbe teso solo al rientro. Annullerebbe tutto il percorso garantendomi la migliore gratifica. E invece io devo partire. Ma nel timore della perdita mi sono immobilizzata."
L'uomo le strinse le mani "Ascoltami. Tu mi hai regalato un telaio, così, dal nulla, senza che io chiedessi niente. Nemmeno io sapevo di aver bisogno di tessere di nuovo, e da solo. Lo hai intuito tu prima di me e mi hai fatto un dono di cui non sai neppure la grandezza. Io ho tessuto la tua vela, ma quel mio lavoro non è un dono. E' una cosa che tu mi hai chiesto e come tale io ho eseguito. Ci ho messo amore, perchè io ti amo, ma quella vela l'hai desiderata tu per il tuo viaggio. Invece voglio ricambiare il tuo dono con una cosa di cui tu non sapevi di aver bisogno." L'uomo le lasciò le mani e andò a prendere un pacchetto avvolto in carta da pacchi chiuso con uno spago e un fiocco di stoffa rosso ossido "Ecco, questo è il mio dono per te."
La donna prese il pacchetto e aprì lo spago facendo attenzione che il fiocco non cadesse a terra. Dalla carta aperta uscirono fuori abiti leggerissimi, dai colori tenui ed eleganti, abiti morbidi e caldi e vestiti quasi impalpabili e trasparenti. La mano della donna li accarezzò.
"Ho pensato al tuo viaggio. Non voglio che indossi il passato. Questi abiti che ho fatto per te ti faranno sentire accarezzandoti la pelle quanto io sia vicino ai tuoi passi e quanto tu sia nuova di fronte al già stato. La tua partenza è necessaria, ma non coincide con la perdita. Ci separeremo, ma non ci perderemo. Io sarò qui. Non confondere il viaggio con l'abbandono, la fuga, l'oblìo. Tesserò ancora il tuo volto e molti altri, come ho sempre fatto. Adesso ti addolora solo perché hai buttato via te stessa mettendo da parte il tuo progetto. Ma io non dividerò il nostro tavolo con un'altra, anche se tu decidessi di non tornare più perché il tuo viaggio ti avrà portata lontana. Sarà sempre solo il nostro tavolo. E su quel telaio ci sarà sempre e soltanto il tuo nome come tu l'avessi intagliato con la sgorbia."
La donna sorrise, le lacrime le si erano seccate sul viso ma non sulle ciglia e si passò una mano sugli occhi "Sì, tu devi tessere e io partire. Ho capito che se uno dei due rinunciasse a se stesso pur restando vicini non esisterebbe più un noi. Partirò, perché andare è l'unico modo che ho per ritrovare i nostri giorni di fronte al mare."

5 commenti:

  1. Fa dolce e forse qui vicino passi
    dicendo: "Questo sole e tanto spazio
    ti calmino. Nel puro vento udire
    Puoi il tempo camminare e la mia voce.
    Ho in me raccolto a poco a poco e chiuso
    lo slancio muto della tua speranza.
    Sono per te l'aurora e intatto giorno"
    (Ungaretti - Giorno per giorno, 17)

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  2. Scusa Ri' ma secondo me la poesia non c'entra un cazzo.

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  3. Sono molto colpito. Davvero un ottimo racconto!
    Così triste e melanconico. Alla fine l'andare incontro all'altro è diventato un allontanarsi.
    Entrambi avranno il ricordo di quel tavolo ma nella realtà quel tavolo rimarrà vuoto.
    Entrambi hanno ritrovato se stessi grazie all'altro ma per continuare la propria vita in solitudine. Per avere l'amore mancava la costruzione di un sogno in comune.

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  4. Mi duole ripetermi, ma non posso che scrivere ancora una volta "Incantato".

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