domenica 22 febbraio 2009

Roba da diventar grulli.

Quello che ho visto e incamerato a Siena continua a girarmi in testa, ma ancor più nella pancia. Ho cercato in rete molti dei nomi che mi sono appuntata e via via che elaboro scremo e ripenso a quello che mi ha impregnato. La discrepanza ovvia mi salta addosso nell'accostamento di percorsi artistici diversi e non avvicinabili. Hanno fatto un gran pastone, ecco cosa mi resta della mostra. Chi era matto, chi era diverso, chi era pittore prima, chi dopo il manicomio, chi aveva visioni mortifere per la guerra, chi invece per i fatti suoi, chi era surrealista, chi invece schizofrenico. Tutti insieme, tutti uguali? Mbà, direbbe un mio amico. Non sono molto convinta dall'operazione generalizzante e ancor meno dai nomi letti in giro e sentiti ripetere dalle guide che facevano su e giù coi greggi. Però alcune cose mi restano e mi risuonano, sapori familiari. Nella minuscola sezione legata ai "matti toscani" ci sono le opere di Manzi, di Viani, di Borgini. Ma soprattutto, e mi ci son commossa alle lacrime, c'é un bozzetto di Venturino Venturi. Che io conosco poco, ma che avrei voglia di scoprire attraverso il museo di Loro Ciuffenna. L'ho detto per anni passando di lì per arrivare in Pratomagno, ma mai si é anteposto Venturino alla Bottigliana e quel museo ancora aspetta. Venturi mi è nel cuore perché per un periodo fu vicino al gruppo fiorentino di Rosai e aveva il suo "studio" esattamente al Conventino. Studio. Parole grosse. Non gli era toccata una stanza, lavorava nel chiostro piccolo che adesso non c'é più, sotto alla tettoia delle galline. Proprio quel pezzo di lamiera sotto al quale stavano ormai solo la bici del tornitore, il carrello del vecchio M****** e tutti i calchi in gesso delle sculture del Giannozzi. Ricordi. Tornando ai mattti toscani. Il bozzetto in mostra è un Pinocchio-gnomone ideato per una piazzetta del parco di Collodi se non mi ricordo male e col girar del sole avrebbe proiettato l'ombra delle sue lunghe braccia sui mosaici che avrebbero contornato la piazza. Un progetto visionario rimasto solo un'idea. Forse pensata in quel piccolo chiostro che arrivata la stagione si faceva un tappeto di violette? Forse sì, nella mia percezione delirante voglio pensare forse sì.
Un'altra cosa che mi torna in mente sono i misuratori per i crani, le fette di cervello e una vetrata dipinta con tante sezioni di cervelletti e cervelloni, di lato di fronte e sul di fianco, una scelta invero insolita ed originale. Inquietante e inutile visto lo scarso rendimento "decorativo". Se non fosse che mi ha fatto pensare di nuovo a un film meraviglioso visto tempo fa. "L'enigma di Kaspar Hauser". La capacità di Herzog di trasmettere immagini è ineguagliabile. La purezza di Kaspar, vissuto per anni in una solitaria prigionìa e scaricato poi ormai adulto sulla piazza di un paese con un foglio di presentazione in mano, è totale. La libertà di pensiero ed espressione dell'uomo a cui non son state inculcate strutture mentali di alcun tipo è inaccettabile e genera addirittura un odio totale e distruttivo, benché Kaspar non abbia alcun moto di violenza verso il mondo, semmai curiosità e grande voglia di conoscere e migliorarsi. Kaspar viene ucciso e una volta morto lo si uccide una seconda volta, negando la sua realtà umana, la sua identità, attribuendo la sua natura NON al suo essere unico, quanto al fatto che il suo cervello abbia dimensioni diverse dalla norma. Riduttivo ma rassicurante, di fronte a chi riesce a non farsi incasellare e pensa e sente e vive con tutti gli strumenti che possiede.

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