venerdì 12 agosto 2011

Il buio sulla mente 
Il buio sulla mente

Fino al 27 agosto a San Salvi è possibile visitare la mostra fotografica "Il buio sulla mente". Le foto che Tommaso Ferro e Francesco Zellini hanno scattato al manicomio San Girolamo di Volterra, si accompagnano a brevissimi testi, tratti da un libro che raccoglie le lettere scritte dalle persone che lì dentro vivevano. Lettere scritte e mai spedite, mai giunte a destinazione, in quanto semplicemente raccolte e archiviate nelle cartelle cliniche come fossero fini a se stesse, prove e documentazione, e non reali richieste di aiuto, tentativo di comunicazione, voci di persone. Il manicomio era un'isola, ogni contatto con il mondo esterno era interrotto, ostacolato, vietato. Chi lavorava nel manicomio non poteva tenere rapporti con i familiari dei ricoverati, e senza un ordine non poteva portare fuori (e i familiari stessi non potevano portare dentro) oggetti di alcun tipo, e neppure messaggi, saluti, niente. Il matto, nascosto al mondo, perdeva tutto. Neppure da morto si ricongiungeva ai suoi cari e alla società. Finiva in cimiteri annessi al manicomio. Il manicomio di Volterra è stato chiuso nel 1978. Le foto ce lo mostrano oggi, tuttora abbandonato, con le sue stanze piene di detriti, i tetti crollati. I muri invasi dai rampicanti. Il tempo ha crettato la vernice delle porte, spaccando le superfici in milioni di quadretti, come fanno le rughe sulla pelle anziana. Gli intonaci hanno ceduto agli anni, si squamano sui muri disegnati da sporcizie e vandalismi. La ruggine ha mangiato gli scheletri dei letti e la vernice si è staccata, arresa. Si spellano le pareti, si sgretolano i muri. Imponenti restano le sbarre, nonostante i polverosi vetri siano rotti. I soffitti altissimi, i corridoi tetri, le porte scardinate. E tutto, le rigoline del craquelé, le foglie arrampicate sul padiglione Charcot, la vegetazione che si insinua dappertutto, le carcasse di vecchi mobili sotto ai calcinacci del soffitto sfondato e il tappeto di carte dimenticate, tutto fa parlare il tempo. Amplificano un senso di vuoto e solitudine, abbandono e incuranza. La stessa in cui hanno giaciuto quelle persone strappate al mondo. E se in qualche stralcio si leggono la schizofasia, il delirio, in alcune righe emerge una potente disperazione, una richiesta di aiuto ai parenti, al dottore, al re. Si legge tutta la lucidità della denuncia di un vitto povero, pane secco, ballotte e fichi secchi e tre meline di cui una quasi certamente bacata. La scrittura, come usava ai tempi del pennino, è regolare, precisissima, bella calligrafia anche in chi subito mette le mani avanti e si scusa, che non fu mai un letterato. La meticolosità del dettaglio in bianco e nero, dei segni del tempo, della calligrafia, i particolari di cataste di neon, lunghe sfilate di sbarre e ringhiere e piastrelle, in ripetizione maniacale, richiama l'art brut. E la mostra si chiude sull'opera di Nannetti Oreste Fernando. Entrato al manicomio giudiziario nel 1959 a 32 anni per resistenza e violenza a pubblico ufficiale fu trasferito dopo un paio d'anni nella sezione "civile" destinata a "mentecatti cronici tranquilli" dove rimase fino al 73. Durante la sua permanenza nel manicomio, con delle fibbie da panciotto, ha graffitato le pareti del cortile per una superficie di circa 180 metri per 1 metro e venti. Il calco che documenta questa immensa opera ormai in parte irrimediabilmente compromessa, si trova a Losanna al museo di Art Brut. Le realtà che venivano sepolte nei manicomi erano tante, e diverse. Non ultime quelle sanissime di persone che risultavano scomode alla famiglia e venivano così tolte di mezzo. Non esisteva una reale ricerca scientifica che spiegasse i lati oscuri della malattia mentale. E' stato scelto bene, il titolo della mostra. Perché il buio non era qualcosa dentro alla mente, nella. Il buio era la non conoscenza di ciò che era la mente. 

1 commento:

  1. "Il buio era la non conoscenza di ciò che era la mente."
    Bellissima!
    Peccato che ci sia ancor oggi tantissimo buio, magari non lo si riconosce perchè è diventato una cortina fumogena fatta di organicismo positivista, di esistenzialismo, di psicofarmaci e DSM5 (o sono già arrivati a 6?)

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