lunedì 17 agosto 2009

Amarcord.

In questi giorni anfosi in cui girello col pomodoro elettrico per la città desertà sentendomi morettiana, sola e ronzante, mi dedico alla ricerca e ai soliti pellegrinaggi dell'anima, andando per strade in cui fui o fummo o avremmo potuto essere. Ho scoperto un gelato buono in un bar che se passava il bruttaio o semplicemente i NAS non restavano nemmeno i cucchiaini. Ho scoperto che la salita verso il Dragone il mio pomodorino non la regge e l'autonomia calava vertiginosamente insieme alla velocità e mentre "pregavo" facendo i venti, per vedere di non restare proprio a spinta ho spento il faro in cerca di un esiguo risparmio. Sono arrivata in cima, comunque, a fari spenti nella notte per vedere se è difficile morire. Non è difficile, ma d'agosto è quantomeno raro. Poi ho scoperto che basta un minimo dislivello e io quel bestio lì non ce la fo a trasbordarlo su e giù e mi ritrovo con le mie braccette da Olivia a smoccolare e spingere di addominali, di bacino, di gambe, di tacco, di lingua e a forza di bestemmie per ora son sempre riuscita, ma prima o poi mi viene un'ernia. E allora rimpiango Arthur e la sua leggerezza. Leggerezza. Si fa per dire. Che volendo esser precisi un telaio in alluminio a Arthur male non gli farebbe. Girellando trovo che Arthur è una beach cruiser o qualcosa di simile, il cruiser c'era di sicuro. E ripenso a come ho scoperto la sua identità. Ricordo di aver cercato per anni un nome a quella bici strana, sinuosa, inusuale, unica e sconosciuta. Qualcuno diceva che era una LeRun o roba simile, un nome francese, mi dicevano. E dopo molti anni non so come andai a risfogliare un libro bello peso. Stephen King, It. Me lo riguardai lentamente, seduta per terra in salotto, alla ricerca. Forse avevo intravisto una scena del film, chi lo sa come feci a ricordarmi quella descrizione. Ricercai il pezzo in cui il bambino guarda la bici Silver in vetrina e se ne innamora e dice che era curva dove le altre bici erano dritte e viceversa. E sfoglia e leggi ritrovai la parte in quel malloppo, lessi con calma e arrivai alla parolina magica. Allora entrai su internet, andai in google e digitai la parolina, cliccai immagini e apparvero un sacco di robe da palestra tecnologiche e superlusso. E lì in mezzo, un Arthur, vecchissimo. E un antenato di Arthur, rugginoso e goffo. E poi nuovi modelli, riproduzioni. Schwinn, è il nome del mio amore. Arthur Schwinn. E l'ho trovato in un libro chi lo sa come, anni e anni dopo averlo letto. Mi manca molto.

2 commenti:

  1. che e' successo al tuo Arthur? La mia Calypso ha effettivamente il telaio in alluminio, ma i parafanghi sono in ferro...

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  2. Arthur ha una gomma a terra e adesso è momentaneamente in cantina sostituito da uno scooter elettrico dato il caldo che mi impedisce anche di pedalare ;-)

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