martedì 21 aprile 2009

Sgomento e sfogo.


Il fatto che per così tanti giorni fossi assorbita dal dovere alberghiero ha fatto sì che tutti i massimi preparativi per la munifica inaugurazione del convento non mi fossero conosciuti. E così già arrivata alla via limitrofa sono rimasta sbigottita alla vista dei gonfaloni attorcigliati agli alberi. Poi un'enormità di furgoni, mostre in allestimento, un servizio catering in divenire. Estranei, parecchi, ovviamente, spazi occupati, muri decorati da scritte simili a quelle apparse giorni fa. Roba da far girare la testa. Già nell'atrio dall'acustica offesa dal trambusto resto stranita e vengo apostrofata da un pischello che con fare da ganzino mi chiede "Scusi lei, cerca qualcuno?" e il mio inconscio surreale risponde lieve "Sì, cerco me, sto di sopra" e lo lascio lì con la sua posa da cretino e quella pompa inutile. Ma salendo le scale accuso. Accuso i monitor sparsi nei corridoi, le stanze aperte, i tavoli nell'orto, i riflettori, le telecamere, tutto l'ambaradan delle cazzate che già avevo subodorato nei comunicati stampa letti in rete. Mi chiudo dentro come se fuori mancasse l'ossigeno e piango. Piango fin quando non si affacciano tre pensionati che se ne stanno lì a bracare e allora seppur piangente mi ci metto a chiacchierare. Di convento, di passato, di Gregorio. Non ho nessuno che mi tenga la mano e capisca questo crollo. Mi è inevitabile di fronte a tutto questo vuoto. Tutte chiacchiere. Chiacchiere e astrazioni di chi ha solo quelle e sta a una scrivania. Percorso sensoriale per toccare i torniti in legno, percorsi per ascoltare le botteghe e le parole degli artigiani. Percorsi che sono solo seghe. Spettacolo e scenario. Ma la storia, quella vera, sta tutta nei muri macchiati di quelle botteghe, nelle mani di chi ha vissuto quegli intonaci. Tutto si anima mentre il cielo cambia, spero che piova e il vento spazzi via il sorrisino stronzo da certe facce che oramai conosco troppo. Il palco, le luci, i camerieri che si son cambiati proprio nel mio corridoio regalandomi visioni di intimissimi e villose carni e poi ecco gli sbandieratori e tutti che alacremente preparano il rinfresco e provano i microfoni. Un bel teatrino con musiche di Sting. E poi pian piano ecco l'imbianchino, ecco la pittrice, ecco il decoratore, il falegname, li si riconoscono soprattutto dalle facce da ospiti. Poi arriveranno anche il sindaco e l'assessore, come anni fa. Tutti felici, che tutto è bellissimo. Ma in tutto questo noi artisti e artigiani del conventino non abbiamo avuto parte, siamo stati gli ospiti. Non siamo noi a parlare dai monitor, non ci sono le nostre opere in esposizione. Noi non siamo stati mai informati di nulla di tutto questo. Forse a distanza dianni hanno tenuto fede alle parole che ci vennero dette quando in delegazione cercammo un dialogo e una partecipazione. Ci venne detto con aria materna "Eh, signori, purtroppo l'arte e la cultura non portano quattrini né voti." e io una registrazione di quelle parole non ce l'ho, altrimenti sarebbe stato bello fargliela sentire stasera a tutti questi bei personaggi.

3 commenti:

  1. Che tristezza!
    Meno male che la tua voce c'è, anche se sommersa dagli altoparlanti e dalla spocchia degli amministratori comunali.
    Dammi retta, la tua voce è unica e la seguiremo ovunque, anche se metterai il laboratorio in cima ad un albero, a mo' di barone rampante.
    L'amministrazione comunale è violenta, stupida e astratta?
    Benissimo, gli artisti e gli artigiani (quelli veri) andranno via e in quel convento rimarranno cartoline e personaggi falsi, degni impostori per operazioni cretine e di dubbia onestà culturale.
    Voglio proprio vedere se saranno capaci di fare le dorature come le fai tu! So bene che la gente queste cose non le capisce e acquista qualsiasi porcheria se ben impacchettata, ma tu lasciali liberi di essere brutti e stupidi.
    Quando ti ho ascoltata raccontare del tuo lavoro e dei suoi segreti ho pensato ad ua famosa frase del film "il pranzo di Babette":
    un artista non è mai povero!
    Grazie, grazie davvero!

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  2. C'è chi si accontenta dell'apparenza.. chi ci gode ed è soddisfatto a vedere le belle facce, belle come maschere.. ma "l'essenziale è invisibile agli occhi".

    hug.

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