mercoledì 18 marzo 2009

Leggiadrìa.

Il sole, i giri da fare, necessità di sentirmi indipendente e libera di svoltare alla prima strada a destra se mi va. Ho finalmente mollato l'autobus e scrostato Arthur dall'albero. Abortiti i desideri di motorizzazioni elettriche per sopraggiunti gravi limiti finanziari ho ritrovato le solite salite pigre e le buche grame ma soprattutto un qualcosa che mi fa sentire spepera e svolazzante. Passando da un lavoro all'altro mi sono trovata a chiedermi dove fosse e accanto a chi, un po' in pensiero, perduto l'orientamento del parcheggio. Era nella rastrelliera in mezzo ai catorci degli universitari che stazionano alla mensa e l'ho liberato senza sentire stanchezza nonostante il tanto lavoro. Ho pedalato senza pensieri, in quella leggerezza che l'essere portata in fondo non ti dà. Allevia il corpo, certo, ma la mente entra nei binari soliti delle stesse strade, dei pensieri ciclici, delle immagini che tornano identiche. Ti riposa, prendere il bus, ma ti appesantisce e ti lascia immobile. Passiva e in attesa della fermata. No, in bici no. In bici non è mai tardi e puoi passare a salutare gli amici e non trovandoli puoi sempre fare qualche pedalata in più e andare a chiacchierare più in là, come una vera bestiolina socievole. E felice felice di tutta questa gioia gratis quasi arrivata a casa fare inversione a U e andare a prendere un regalo, per te e per lui, che la crisi è dura, ma qualcosa ci si deve pur meritare ogni tanto. Tante chiacchiere con l'artista in tuta rossa e grandi dichiarazioni d'amore per lenire l'abbandono temporaneo. Lunedì chiamerò per sentire quando lo dimettono dopo il check-up, avrà una sella nuova grazie alla quale non mi alzerò più col culo inzuppato e forse addirittura nuovi cerchioni cromati come quando era giovane, che l'artista ha idee di grandeur, come testimonia la sua creazione mitica appesa alla parete. Il tandem "lui e lei", mica cotiche. Io lo amo profondamente, Arthur. Credo che potendo scegliere vorrei essere ricordata in bicicletta.

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