sabato 4 febbraio 2017

Fili esili.




Ho sempre a che fare con parole. Come un tredicenne un amico pasticcia con gli sms. Indugia, arranca, tutto un Ma se scrivo poi lei capisce, se invece metto così sembra che io. Sospiro. Mi annoio. È roba vecchia. Scrivi, veloce. Buttati, fava. Incontrare l'altro è questo, quante seghe, scrivi, quello che sei sei. Mi annoia questo balletto. Cosa c'è sotto? Sta scorrendo la musica? Buttati, la pista sarà presto solo lapidi e cipressi. Più con calma ci ripenso. Cosa lo blocca? Cosa rende scrivere così difficile? Le parole restano, ma urgono. Le parole possono. Sono un abito sontuoso, una pellicola che salva. Puoi stare ore a sceglierle, puoi sanguinarle sui muri irruente, schizzarle fuori dalla pelle aperta. Vomitarle tutte fino a sentirti vuoto. Sono parole, e basta. A volte le scegli solo per il suono. Dopo niente è mai come prima, ma sembra. A sceglierle bene i danni si evitano. Corruzione, infezione, tutto allontanato, tutto lasciato intatto. Il corpo no. Il corpo non nasconde. Il desiderio ne esce, si mostra, il sangue scorre, il cuore palpita. Le mani a volte avanzano, inutili le cacci in tasca. Le mandibole si slogano nello sbadiglio che ti spicca la testa, ghigliottina senza grazia. Un corpo non mente. Quello che vuole, lo dice, non ci gira intorno.
Le parole devono dire cosa urla il corpo o quello che passa per il capo? Come si fa a trovare l'equilibrio, a non usare le parole per nascondersi? Il corpo muore, il pensiero quasi mai.

L'altro giorno ho trovato un filo che ricuciva strappi, ho letto delle poesie dense, immagini crude, ossa, pelle, denti. Durezze. Roba che mi ha fatto pensare al corpo che spesso mi perdo e alle parole che taccio. Mentre leggevo scrivevo e avevo corpo e voce e parole e per un attimo ero proprio io, come sono sempre stata e da tempo non riesco a essere più. Ero intera, io. E il pensiero è stato, felice, un immagine fulminea e fugace, piccola ma pungente, profonda, una scossa che mi è rimasta in punta di dito, che stavo scrivendo, io con le mie parole, le mie chiavi e ho cancellato. Perchè subito è caduto tutto in un Non posso scrivere questo, qui, ora, a una persona che saiunasega cosa capisce. il cortocircuito ha spento tutto. Questa è rinuncia, questa è paura, questa è onnipotenza. Fo peggio del mio amico se faccio così.
Finchè ero in convento, finchè ero circondata dal gesso, le foglie d'oro, l'odore lieve di muffa e di vecchiaia, di legno secco e mura crepate vivere mi veniva più facile. A furia di cortocircuiti va a finire che a uno gli vien bene solo morire.

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