mercoledì 17 luglio 2013

Stelle, astronavi, antenne.




Capto, registro, elaboro. Accumulo. San Salvi regala sempre.
Sotto al cielo e alle chiome degli enormi alberi passeggio e ritrovo. Non ho visto lo spettacolo della luna, ma ho respirato la nipitella e accarezzato la corteccia di un albero battezzato Hambra. Di terra sono, mi piace il verde. Mi piacciono i vilucchi che si insinuano, i rovi che infestano, i rampicanti che nascondono volgari cementificazioni. Le ristrutturazioni fanno scempio anche di questo.
Resta una traccia nella memoria di una frase dolorosa, scritta in blu, letta alla luce di una pila, e se anche sparisse quel muro, crollasse quel corridoio, demolissero la palazzina, quella frase esisterebbe ancora fin quando ci fosse qualcuno a raccontarla. Esser passata di bocca la terrebbe viva a futuro monito. I muri verranno demoliti dalla storia, dalle amministrazioni cieche, dalle speculazioni edilizie, da architettini egocentrati e onnipotenti. Le storie restano. Nel dedalo di padiglioni, anfratti, minuscoli cul de sac guardati a vista dai camminamenti si perde l'orientamento. Da qualche parte mi han detto che c'era il padiglione dei bambini, ma era già inagibile all'epoca o forse già cancellato. Io non l'ho mai visto eppure l'ho in testa, ugualmente disumano a tutti gli altri, diverso per via delle carcasse arrugginite nel cortile similgiardinetto, con scivoli, strutture ferrose sghembate e mangiate dal tempo che emergono dall'erba alta. Rimangono, le storie tristi, se te le racconta qualcuno a cui dolgono. Rimangono, le storie allegre, se te le racconta qualcuno a cui han fatto tremare la voce e brillare gli occhi.
Un tono sbagliato, e la storia non risuona più. Andrà persa insieme ai muri demoliti e ai graffiti cancellati.
All'alba, prepotenti, mi svegliano le parole.

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