venerdì 2 novembre 2012

Belloluilì.

Simone Lenzi, Villa Arrivabene, Firenze

Due alternative possibili. Un concerto di Fiumani impigiamato a letto tra gli scaffali della Edison in versione confidenziale che più confidenziale di così non si può oppure Simone Lenzi a Villa Arrivabene. Vince la curiosità, che Lenzi non lo conosco per nulla. A parte un concerto alla Fortezza con Nada e Rondelli io i Virginiana Miller non li ho studiati. Ho solo scoperto e mandato in loop quella benedetta carezza del papa che mi legava il sangue a fine luglio pensando a calci nel culo e calori animali. Son stata anche presa alla lettera per quanto riguarda i primi, a voler rivangare, ma i Virginiana Miller sono comunque rimasti nell'iPod. Vado impreparata, ottenebrata dagli esercizi di statistica descrittiva che nemmeno al liceo. Alla cieca, ignara, che ovviamente io mica lo sapevo che Lenzi aveva scritto un libro. Nemmeno sapevo come si chiamasse fino a ieri. Titolo: La Generazione. Uh, sì vabbé sarà la solita manfrina sulla sua generazione, storielle di musica, amori e precariato, crisi dei valori e roba che non porta da nessuna parte. Ah, è quello da cui ha tratto il film Virzì. Mica l'ho visto il film di Virzì. Eh? Tutti i santi giorni. Ah quello che parla della coppia che non riesce ad avere un figliolo. Beata la curiosità. Sono andata. Ho imparato un sacco di cose. Intanto che il titolo La generazione intende proprio l'azione del generare. E che il libro non è per nulla leggerino e vacuo. Che Lenzi traduce Marziale. Sì, ok, tutta roba che bastava guardare nel suo sito, per dire, o che un fan già sa, quindi posso anche risparmiarmi. Ma mica ce lo trovavo lì nel sito che Lenzi è un bellomo, inteso proprio come bella persona. Che si è messo a parlare di letteratura dei nonni e di quanto sia più inquietante l'andazzo dei coniugi Bovary rispetto a tutte le storie di serial killer che poi vengono intercettati arrestati e imprigionati per happy end consolatori e rassicuranti. A quanto siano più interessanti le sfumature di persone "normali" che attraversano la vita e si arrovellano e quanto poco vengano raccontate. E del cuoricino che batte in petto a tutti quanti e di emozioni che in quanto tali non ci fanno poeti più degli altri, che provarle si provano tutti, ma lui l'ha detto con l'accento livornese e con un'immagine carina, tipo che in fondo è sempre quel piffero a tre buchi e si suona sempre la stessa musica. Che la poesia non è mettere in fila le parole andando a capo ogni tanto. E io ho ghignato, ah quanto ho ghignato. E poi ha parlato di padri e di figli e di testimoni e di testicoli. E di uomini e donne che non sono meno uomini e meno donne perché non sono padri e madri. E di tante altre cose e fra queste di umiltà. E non voleva fare un discorso da prete, e non l'ha fatto, in effetti, ha solo parlato da persona normale e di buon senso, ma a ripensarci, e ripensando a quello che passano in tv al cinema e dappertutto, al bombardamento di robe pessime, ecco, a ripensarci, adesso, mi vien da pensare che a trovare una persona normale, bella e presente, che non è "troppo artista", come dice l'Ingestibile, ecco allora sì che oggi veramente ti meravigli. E te la godi un monte, e sorridi e annuisci e avendo una macchina lo riporteresti a casa pur di ascoltarlo ancora un po'. No, così, per raccontare una cosa bella.

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